Salì sul monte, a pregare…

di - del 21 Febbraio 2016 © diritti riservati

apparizione-di-Gesu«[…] salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.»

 
Il racconto della trasfigurazione è collocato in un contesto duro e difficile: Gesù ha appena consegnato ai suoi il primo annuncio della passione: il figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato, venire ucciso. E subito, dentro quel momento di oscurità, il vangelo ci regala il volto di Cristo che gronda luce, su cui tenere fissi gli occhi per affrontare il momento in cui la vita gronda sangue, per tutti, come per Gesù nell’orto degli ulivi.

Gesù sale sul monte a pregare. È una preghiera autentica quella di Gesù. Una preghiera che viene dal cuore, che pone cioè tutta la propria esistenza e sé stesso davanti a Dio, che a mano a mano si fa dialogo, unione piena e vera con il Padre. Gesù, dunque, è un buon israelita che prega consapevole che Dio ascolta la sua preghiera. Il colloquio orante con il Padre trasfigura Gesù, il cui aspetto diviene “altro”. Il suo fulgore lo fa riconoscere come il Figlio dell’uomo profetizzato e atteso. Pregare trasforma. Pregare cambia il cuore, tu diventi ciò che contempli, ciò che ascolti, ciò che ami, Colui che preghi: è nel contatto con il Padre che la nostra realtà si illumina, e appare in tutta la sua lucentezza e profondità.

Mosè ed Elia (simbolo l’uno della Legge e l’altro dei Profeti) sono i testimoni di ciò che sta accadendo. Gesù è dunque chiamato ad “uscire”, a varcare i confini estremi del suo essere, della vita terrena. Il torpore che si impadronisce dei discepoli rimanda allo stesso torpore che li catturerà nel Getsemani: questo disagio dice l’inadeguatezza dell’uomo a sostenere il peso del divino manifestatosi ora in tutta la sua gloria e nel Getsemani poi nella più profonda sofferenza. Lo stato poi di pace assoluta che provano i discepoli eletti è simile alle false sicurezze, alle comodità che tendiamo a crearci ogni giorno e dalle quali non vorremo mai uscire. Ma il Signore ci esorta ad abbandonarle, ci esorta ad uscire dai nostri “luoghi sicuri”, dalle “culle della nostra quotidianità” perché la gioia che viviamo in pienezza quando stiamo con Lui posso poi essere portata ad ogni uomo e donna che il Signore ci fa incontrare nei nostri giorni.

«Maestro, è bello per noi essere qui.»

Le parole di Pietro sono emblematiche e quanto mai veritiere: tutti noi, almeno e anche solo una volta nella vita abbiamo fatto esperienza del fatto che stare con Dio è bello! Spesso però abbiamo relegato e rinchiuso Dio in un’idea malsana, quella di un giudice supremo e oppressore, pronto a rovistare nei meandri oscuri della nostra vita per trovare qualcosa da usare come mezzo di condanna. QUESTO NON È DIO! Dio È AMORE, il vero amore! In Lui, fonte di misericordia, non possiamo far altro che consegnare ogni nostra miseria, ogni nostra fragilità, perché possa trasfigurarla e renderci più simili a Lui.
Buona seconda domenica di Quaresima!

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don Andrea Alfieri

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