La solitudine genera paura
Dal Vangelo secondo Giovanni
Venuta la sera, i suoi discepoli di Gesù scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l’altra riva del mare in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!».
Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti.
La solitudine genera paura: senza Gesù i discepoli si sentono soli, privi di una guida. La tempesta di vento che si abbatte sul lago che essi stanno attraversando li pone in agitazione per la loro incolumità, e la vista di Gesù che cammina sulle acque certamente non li tranquillizza. Le parole del Maestro rivelano la sua identità divina: Dio si è rivelato a Mosè come l’Io Sono; Gesù è la Presenza di Dio in mezzo agli uomini. Di conseguenza, i discepoli non debbono aver paura, ma gioire per il suo arrivo. È emblematico il gesto finale: gli apostoli presero Gesù e lo fecero salire sulla barca.
Per i padri della Chiesa la barca è l’immagine della Chiesa che solca i mari dell’umanità per proclamare il Vangelo. Tuttavia, senza Cristo, la Chiesa, ciel del resto anche la nostra vita, sarebbe priva della sua guida e rischierebbe di naufragare.
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