Attacco in alto mare…
Diario di viaggio di un navigante amalfitano
di Salvatore Barra
Msc Maria Saveria , 6 Maggio 2016 – In Navigazione da Gioia Tauro a King Abdullah Port
Come previsto dalle istruzioni ricevute, all’uscita del Canale verso le ore 16.00, in prossimità della città di Suez , imbarcano due guardie di sicurezza armate che devono proteggere da eventuali attacchi da parte di pirati. Sono entrambi di origine Greca, hanno meno di 30 anni e sono provenienti dalle forze speciali dell’Esercito Ellenico – dei due, uno è il comandante responsabile , che in questo caso assume il titolo di TL (team leader) Capo gruppo. Io e lo SSO (Ship Security Officer) il nostro Ufficiale alla sicurezza, li incontriamo per organizzare la sicurezza durante il passaggio nella zona considerata ad alto rischio pirateria e per la loro sistemazione a bordo, riguardo cabine, pasti, acquisto di bibite, sigarette ed altro.
7 Maggio 2016- navigazione nel Mar Rosso
In mattinata entriamo nella zona tropicale – caldo torrido. Le due guardie di sicurezza familiarizzano con la Nave e con l’equipaggio. Il Terzo di Coperta G.C. mi parla dell’esperienza avuta sulla Nave Savina Kaylin, una petroliera di Bandiera italiana di 226 metri lunga con 22 uomini di equipaggio di cui 5 italiani e 17 Indiani, che rimase sotto sequestro per circa 9 mesi: “L’otto di Febbraio del 2011, intorno alle ore nove, ci trovavamo poco ad Est dall’Isola di Socotra con condizioni meteo gradevoli, in Navigazione da Augusta a Singapore. Sullo schermo Radar appare un bersaglio che giudicammo fin da subito sospetto. Il comandante decise di aumentare la velocità , portandola sui 16 nodi e di cambiare la rotta in modo da passare il più lontano. Aveva visto bene. Il bersaglio sospetto era in realtà una nave madre, un covo di pirati galleggiante dalla quale si notò una barca velocissima con cinque uomini a bordo che navigava verso di noi.
Il nostro comandante attuò ed attivò tutte le procedure previste ma la barca si avvicinava sensibilmente. Notavo chiaramente ad occhio nudo le armi in loro possesso – fucili e lanciarazzi – ed una scala di alluminio allungabile. Ad un primo tentativo di abbordaggio i pirati fecero cadere la scala in mare e si allontanarono. Tutti a bordo esultammo, pensavamo che avrebbero desistito. Ci sbagliavamo. Poco dopo ritornarono all’attacco e fu l’attacco decisivo.
Abbordarono la nave da poppa e riuscirono a salire sulla nave. Armi in pugno arrivarono sul ponte di comando e per prima cosa schiaffeggiarono il comandante, reo di non essersi fermato prima. I pirati ci fecero radunare tutti sul ponte di comando ed ordinarono di fermare la nave. Dalla piccola nave madre, che nel frattempo si era avvicinata alla nostra murata, sbarcarono un numero considerevole di pirati che in poco tempo occuparono tutte le strutture della nave. Eravamo impauriti e impotenti. Ci ordinarono di dirigere verso la baia di Hobyo nel Puntland, qualche centinaio di miglia a Nord di Mogadiscio, poi – continua la testimonianza del Terzo di Coperta G.M. – cominciò il lungo periodo di prigionia. Una prigionia fatta di stenti e privazioni – trascorsa insieme agli altri componenti l’equipaggio, sempre sul ponte – notte e giorno – nel caldo torrido del Corno d’Africa; senza aria condizionata, (ci fu concessa una doccia per settimana e poi niente), dormivamo raggruppati sul ponte di comando.
Si viveva sotto l’incubo delle minacce: presto avrebbero cominciato a tagliare qualche testa se non fossero arrivati i soldi del riscatto. Dopo il quarto mese, la paura aumentò perché i capi dei pirati non avevano idee uniformi sulle scelte nel portare avanti le trattative. Vi erano continui litigi fra di loro ed un giorno arrivarono addirittura a spararsi. Il pirata ferito, fu soccorso dagli uomini dell’equipaggio e salvato. Poi cominciarono a scarseggiare acqua, viveri, medicinali e diesel. I pirati ci portarono il minimo indispensabile per mangiare, patate, riso e qualche capretto, mentre la poca acqua rimasta nei depositi veniva filtrata e razionata. Un litro a persona per giorno. Per la toilette, venne improvvisata una specie di latrina all’aperto sull’aletta del ponte, collegata direttamente in mare.
Dal mare si attingeva l’acqua con un secchio per pulire. Condizioni praticamente disumane, vissute al limite dell’esasperazione a causa del futuro incerto e dell’incessante pensiero per i nostri familiari che nel frattempo facevano di tutto per sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità.
Questa bruttissima situazione si protrasse fino al 21 Dicembre 2011 – giorno in cui la nave e tutti noi fummo liberati. La nave raggiunse il porto di Dubai e fummo imbarcati su un aereo che ci condusse in Italia. La gioia di poter rivedere e riabbracciare la nostre famiglia, rimane un’esperienza unica.” Grazie Gianmaria per la tua testimonianza.
9 Maggio 2016 da King Abdullah a Colombo (Sri Lanka)
Dopo una breve sosta a King Abdullah Port – notte tra il sette e l’otto Maggio- proseguiamo la Navigazione nel Mar Rosso con destinazione Colombo – il pomeriggio del 9 passiamo il Parallelo 15° Nord, limite in cui comincia la zona ad alto rischio pirateria e quindi, da questo momento in poi le due guardie armate saranno impegnate nel servizio di guardia “dall’alba al tramonto”, alternandosi in turni di tre ore. Armi e dotazioni vengono portate sul ponte di comando, pronte all’uso. Con il capogruppo ci chiariamo sulle regole d’ingaggio RUF (Rules of Force) e che, da regolamento, l’ordine di sparare viene dato dal comandante della nave. La giornata passa tranquilla.
10 Maggio 2016
Verso le sette del Mattino la nave transita lo stretto di Bab El Mandeb – tra gli stati rivieraschi di Eritrea e Yemen – usciamo dal Mar Rosso per immetterci nel Golfo di Aden – ci sono molte barche veloci in zona – la maggior parte sono pescatori e tra loro ci potrebbero essere barche di pirati. Per i due nostri ex soldati invece sono tutti possibili barche di pirati. Li seguono ad uno ad uno. Sul ponte di comando la tensione è alta, ad un tratto, intorno alle 08.45, due di queste barche velocissime si avvicinano pericolosamente. Da possibili barche di pescatori, diventano barche sospette.
La velocità nave è di 18,5 nodi con rotta vera 110 gradi. Decido di aumentare la velocità e di accostare leggermente a dritta. Nel frattempo i nostri cominciano ad attuare le procedure del caso – indossano l’elmetto, il giubbotto antiproiettile, imbracciano i fucili mitragliatori col “colpo in canna” – avvisiamo l’equipaggio di rientrare dalla coperta, di cessare ogni tipo di attività e di radunarsi nella cittadella. Intanto i due barchini si avvicinano minacciosamente, una guardia lancia un razzo di segnalazione rosso nella loro direzione ma le due barche si avvicinano ulteriormente.
Nel frattempo la nave aveva raggiunto la velocità di 21 Nodi – che, considerando il pescaggio superiore ai 16 metri, non era affatto male. “Sono Armati!” – grida la guardia più’ giovane – “sono quattro e sono armati” – dovendo rimanere al coperto, non ho potuto vedere. Le due guardie, come da protocollo mostrano le armi in bella evidenza , ma le barche si avvicinano sempre di più. A questo punto il Team Leader, mi chiede l’autorizzazione per sparare un colpo di avvertimento. Non mi ero mai trovato in una situazione del genere e con grande “emozione” concedo il permesso per un solo colpo di avvertimento.
Il proiettile finisce in acqua a pruavia e distante dalla prima imbarcazione e quelli a bordo immediatamente alzano le braccia e fermano il potente motore fuoribordo, così anche la seconda imbarcazione. Pericolo scampato!
Nel prosieguo della giornata, ci sono capitate altre situazioni analoghe con avvistamenti di barche e Navi Madri… tutti possibili pirati. Poi doppiato l’Isola di Socotra, usciti dal Golfo di Aden, abbiamo proseguito la navigazione nell’immensità dell’Oceano Indiano. Alla fine tutti contenti.
12 Maggio 2016 – in navigazione per Colombo
Il nostro cuoco, per esorcizzare lo spiacevole momento dei giorni scorsi, inventa per il pranzo una nuova ricetta “gli gnocchi alla pirata”,con panna, funghi, formaggio ed olive nere (parodia dei proiettili) – sostituendo per una volta il cappello bianco da cuoco con una bandana da pirata.
Il dolce rollio ed i meravigliosi colori , che solo questo oceano sa’ dare, ci accompagnano per tutta la giornata, sino al tramonto.
Verso sera, il Terzo di Coperta G. M. sussurrando mi dice “Comandante, vi devo dire anche un’altra cosa!” Va bene dimmi…
Volevo dirvi anche che la mia prima nave sulla quale imbarcai era la “Enrica Lexie”, coinvolta in India nella vicenda dei due marò italiani del Battaglione di San Marco…”
“Non ci posso credere!” – esclamai… “Questo e’ troppo!”
Nel mentre sono cadute le prime piogge monsoniche. Domenica mattina, all’alba, giungeremo nel porto di Colombo, nello Sri Lanka… la navigazione continua.
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