Vicende storiche dell’antico Episcopio di Amalfi
di Salvatore D’Amato
- La localizzazione
La diocesi di Amalfi viene attestata per la prima volta nel VI secolo. Nell’anno 596,infatti,Gregorio Magno scrive una lettera ad Antemio suddiacono nella quale lamenta il fatto che il vescovo di Amalfi Pimenio non risiedeva stabilmente nella sua città.[1]Il richiamo a risiedere sulla propria cattedra, lascerebbe intuire la presenza in Amalfi, fin da allora, di un palazzo che fosse luogo deputato per residenza del Vescovo. Tuttavia fino al IX sec. occorre procedere con molta cautela perché non si è sinora in possesso di documenti probanti sull’Episcopio amalfitano. Con molta probabilità la più antica notizia sull’esistenza di un palazzo vescovile ad Amalfi rimonta infatti al sec. IX. In un’annotazione biografica sul vescovo Pietro, pubblicata dallo Schwarz [2],si legge :” Petrus de Alaneo episcopus ecclesiam amalfitanam dedicavit,ipsum palatium in nostro episcopatu fabricavit…”.
Successivamente, il Liber pontificalis ecclesiae amalphitanae [3] e le altre cronache dei vescovi pubblicate dal Pansa[4],dall’Ughelli[5],dall’Amodio[6],costituiscono buone fonti per avere informazioni su lavori ed interventi effettuati sul Palazzo arcivescovile.
L’analisi di tale documentazione,consente preliminarmente di affermare con relativa certezza che almeno dal 1029 ad oggi,l’Episcopio amalfitano si sia trovato sempre nel medesimo sito. Le notizie, infatti, che nel 1029 appunto,Leone Orso Comite, primo arcivescovo di Amalfi, fu seppellito “ in ecclesia Sancti Viti Martiris,qui <sic> in dicto episcopio est dedicata”[7] e quella analoga dell’arcivescovo Nicola nel 1338 riposto, a detta del cronista “ in Ecclesia S.Viti… in archiepiscopali Palatio, cum ab omnibus fertur, quod ibi Archiepiscopi sepulturam eligebant”[8] sembrano confermare che il Palazzo arcivescovile in quei tre secoli (XI – XIV) e, probabilmente oltre,dato che l’autore della Cronaca potrebbe essere vissuto almeno nel XVI sec. [9], non abbia mutato la sua localizzazione e che perciò l’area di ubicazione attuale a buona ragione potrebbe quasi interamente corrispondere almeno a quella del sec.XI. Anche le fonti dirette sembrano avvalorare tale conclusione. Da un documento del 1183,sappiamo che le sorelle Marocta ed Augara vendettero a Dioniso vescovo di Amalfi,“totus domus fabrite,”in Amalfi, “posite iusta suprascripta Amalphitana Ecclesia et sunt coniuncte cum ipsis caminatis vestris de ipso palatio vestro(del vescovo)” [10]. Quest’ultimo risultava, quindi, situato vicino alla Cattedrale, cioè nella posizione attuale.
2.Interventi sull’immobile
Non è allo stato possibile in alcun modo determinare quale fosse la consistenza volumetrica e perimetrale dell’edificio nell’XI sec..Tuttavia,poiché nei secoli successivi si cercò di ampliarlo più volte bisogna ipotizzare che esso in origine fosse di dimensioni modeste.
Cominciò l’Arcivescovo Roboaldo (1168-1174) a metter mano a nuove costruzioni. Scrive la Cronaca che egli morì “ in camera sua qua ipse constru fecit” [11]. C’è da supporre, però, che una radicale trasformazione l’Episcopio la subì nel XIII sec. quando, a seguito della Traslazione del corpo di S.Andrea da Costantinopoli ad Amalfi nel 1208, qualche decennio dopo Mons. Filippo Augustariccio, nell’intento di abbellire ulteriormente l’area della Cattedrale edificò il “ Coemeterium ecclesie amalphitanae quod vocatur Paradisus” (attuale Chiostro) e d il nuovo campanile. Il Liber riporta infatti che “…ipse aedificavit plures cameras in Palatio suo amalphitano…” [12] e le Chartulae confermano dicendo: “ Philippus Austariccius…ampliavit archiepiscopale palatium…” [13].
Nel corso del XIV sec.,l’Arcivescovo Marino Del Giudice (1361-1375) fece apportare importanti migliorie all’edificio.Di lui le cronache sono concordi nell’affermare che: “…multa bona fecit in palatio archiepiscopali amalphitano in fabricis et maxime cooperivit salam seu aulam magnam ipsius palatii per pulcram testudinem,quae prius erat coperta pincis…” [14]. Alla fine del Trecento il Palazzo Arcivescovile,come si è visto precedentemente, si era di molto ampliato rispetto alle strutture originarie. In esso esistevano sicuramente: una grande sala,coperta da un soffitto a volta,numerose stanze e una cappella riservata ai presuli (S.Vito). [15]
L’unico intervento segnalato dalle fonti nel corso del XV sec. È dovuto a Mons. Miroballo (1460-1475) il quale “ archiepiscopale palatium magnifice restaurasse…” ed “… aulam magnam …mirabili fabbrica reparavit…”[16].
Durante il XVI sec., contrassegnato dal succedersi di ben 17 prelati, non vi furono, secondo le cronache,grossi interventi all’edificio. Sarà Mons. Matteo Granito (1635 – 1638) infatti, a restituire l’originaria bellezza al Palazzo vescovile in quanto, “ ..episcopale palatium vetustate deformatum a re proprio restituit et ornavit “[17] .
Sotto Mons. Quaranta (1649 – 1678) venne rifatto il tetto e fu ricostruito un nuovo ingresso sul quale venne posta la seguente iscrizione :” Archiepiscoporum salubritatis ac subditorum comoditati prospiciens Stephanus Quaranta Neapolitanus Archiepiscopus Amalphitanus illis Palatii culmen tegulis operuit his patens novum hoc ostium aperuit Archiepiscopatus anno secundo. Anno Domini MDCLI”[18]
Relativamente al Settecento,poi, secondo quanto tramanda l’Amodio, gli Arcivescovi Scorza (1731-1754),Cioffi (1748-1758), Puoti (1758 – 1792) promossero importanti opere. Il primo,” fece molti necessari accomodi..e soprattutto fece la scalinata per salire agiatamente al primo quarto ed il tetto all’astrico della sala…”[19]; il secondo: “demolì quella antica scalinata per cui dall’arcivescovo il Palazzo si discendeva nel Duomo; e quasi da fondamenta la costrusse assai, magnifica, come al presente si vede…”[20]. Il Puoti, infine,“…oltre di averlo ridotto in nobilissima forma,vi ha fatto un nuovo appartamento per comodo dei forestieri….”[21].
Alla fine del XVIII sec.,dunque,la forma architettonica del Palazzo Arcivescovile doveva essere abbastanza simile a quella attuale,con un nuovo ingresso ed una nuova scala di più bell’aspetto.
Un interessante documento del XIX sec., recentemente ritrovato durante i lavori di riordino dell’Archivio Arcivescovile,offre altre utili informazioni sull’Episcopio amalfitano. Il fascicolo è intitolato: “Mensa di Amalfi. Descrizione dell’Episcopio e pitture affreschi scoverte 1873.”
Il 4 novembre 1873 viene redatta,su richiesta dell’Economo Generale di Napoli,la descrizione dell’Episcopio che qui parzialmente si riporta: “…. L’Episcopio è composto come segue :
1° piano consistente in un gran salone da dove si accede sull’Episcopio ed una stanza destinata per la Curia Arcivescovile.
2° piano poi è composto come appresso. La parte settentrionale consistente in cinque stanze compresa la Cappella e cucina di cui due di esse stanze sono destinate per l’Ufficio ed Archivio sub economale ed il resto per il Convitto teologico. La parte meridionale consistente in una sala ed anticamera che sarebbero comuni col Convitto, nonché di altre otto stanze occupate dall’Arcivescovo con un passetto che si accede nella cucina,dal quale passetto si discende in talune stanze sottoposte restituite ed abbandonate che servivano per deporre frutti ,legna ed altro ed ora riattate da questo Arcivescovo e che formerebbero parte del 1° piano perché a livello dello stesso salone”.
In ultimo,non si può non segnalare quanto avvenne nel 1919, all’epoca di Mons. Marini. Il 3 ottobre di quell’anno, infatti, il pavimento della sala maggiore precipitò trascinando con sé anche quello della sottostante Cancelleria. A seguito di questo evento, il palazzo diventò inabitabile tanto da costringere Mons. Marini a trasferirsi fino al 22 giugno 1922 nel vicino Seminario. [22]
[1] Gregorii Papae registrum epistola rum I,VI,23 in Monumenta germaniae historica, Ep.I,p.400
[2] Schwarz,Il Chronicon archiepiscopo rum amalphitanorum.Una fonte da verificare in La Chiesa di Amalfi nel Medioevo,p.221
[3] Cfr. Pirri,Il Duomo di Amalfi ed il Chiostro del Paradiso,Roma 1942
[4] Pansa,
[5] Ughelli,Italia Sacra,Tomo VII,Metropolis Amalphitana.
[6] Amodio,Compendio Istorico su Amalfi e Conca dei Marini,ed. parz. In Rivista Ecclesiastica Amalfitana
[7] Liber pontificalis cit., p.178
[8] Cfr. Ughelli,op.cit,col 237
[9] Cfr. Pirri,cit.,p.176
[10] PAVAR I ,doc. LXI,p.94 ess. 1183,gennaio 10.
[11] Liber pontificalis cit. p.179:Ughelli,cit.col.204
[12] Liber pontificalis cit.pp.181-182;Ughelii,cit.col 226
[13] Chartulae in Pansa,cit. p.293
[14] Liber pontificalis,pp.183-184.Nelle Chartulae si legge anche : “ …attamen aulam palatii magnam prius coopertam pilastris reparatam,testudinem commissari fecit…”ibid. p.296
[15] Anche Sergio Grisone (1379-1392) “auxit Archiepiscopi palatium…”.Cfr. Chartulae p. 297.
[16] Ughelli,col.242
[17] Ibid.,col.253
[18] Ibid. col.255.
[19] Amodio, cit., in REA, maggio-giugno 1959,app. LXXXVI.
[20] Ibid.
[21] Ibid.
[22] Cfr. Visita Pastorale,p.55.
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