15 Febbraio: Il miracolo della lingua di Sant’Antonio
La Lingua incorrotta del Santo di Padova: un mistero che affascina da 750 anni. Era l’8 aprile 1263 quando san Bonaventura da Bagnoregio, allora Ministro Generale dell’Ordine francescano, aprì la cassa contenente le spoglie di Sant’Antonio di Padova, morto 32 anni prima ed acclamato santo ad un anno appena dalla morte. L’intenzione era quella di spostare i sacri resti dalla chiesetta di santa Maria Mater Domini, in cui era stato seppellito quattro giorni dopo la morte, avvenuta il 13 giugno 1231, alla maestosa Basilica sorta intanto in suo onore. La scena che si presentò agli occhi dei presenti, al momento della riesumazione, fu sbalorditiva: mentre di tutto il corpo del Santo non restava che un cumulo di cenere ed ossa, la lingua invece – nonostante, per la sua fragilità, sia una delle prime parti del corpo a decomporsi – era rimasta intatta, “rubiconda et pulchra”, vermiglia e bella, come la descrisse san Bonaventura. Incontenibile lo stupore e la commozione di tutti: la Chronica XXIV Generalium riporta che, di fronte alla portentosa scoperta, san Bonaventura abbia esclamato: “O Lingua benedetta, che sempre hai lodato il Signore e lo hai fatto lodare dagli altri, ora appare manifesto a tutti quanti meriti hai acquistato presso Dio”. Per custodire un tesoro così inestimabile furono realizzati, nel corso dei secoli, preziosi reliquiari, fino all’ultimo, eseguito fra il 1434 e il 1436, opera pregevolissima in argento dorato, che ancora oggi è possibile ammirare presso la Cappella del Tesoro, nella Basilica del Santo a Padova. Nel corso della seconda guerra mondiale, per timore dei bombardamenti, la Lingua e il Mento del Santo furono estratti dai reliquiari e nascosti in una cassa di ferro per circa due anni. Fu dopo questo occultamento, secondo la testimonianza dei frati del tempo, che la lingua non si presentò più carnosa ed eretta come era prima, ma, ciò nonostante, mai è venuta meno la fervida devozione dei fedeli verso questa insigne reliquia. Nel 1981, quando si effettuò dopo secoli, un’altra ricognizione delle sacre spoglie, gli scienziati individuarono, tra i resti mortali del Santo, il suo apparato vocale pressoché intatto: anche l’osso ioide e due frammenti delle cartilagini aritenoidee, come la Lingua, si erano conservati incorrotti, mentre tutte le altre cartilagini erano sfaldate. Curiosamente la ricorrenza della Traslazione delle reliquie del Santo, popolarmente nota come la “Festa della Lingua”, si celebra non l’8 aprile, ma il 15 febbraio, data che ricorda un’altra ricognizione delle sacre spoglie, in occasione della visita del cardinale Guy de Boulogne, miracolato dal Santo, che donò alla Basilica di Padova, nel 1350, un preziosissimo reliquiario dorato in cui è ancora oggi custodita la mandibola di Sant’Antonio. Questo reliquiario fu erroneamente trafugato il 10 ottobre 1991 da alcuni malviventi, sotto gli ordini di Felice Maniero, che li aveva incaricati di rubare la Lingua, ma, fortunatamente, dopo qualche mese, venne recuperato.
Anche a Barcellona, presso il Santuario di Sant’Antonino, si fa memoria della Traslazione delle reliquie del Santo. Nel 1963, per ricordarne il settimo centenario, i frati realizzarono un’immaginetta con la foto della venerata effigie locale, rivestita degli ori votivi. Quest’anno ricorre il 750° anniversario dal prodigioso rinvenimento: oggi, venerdì 15 febbraio alle ore 18, verrà celebrata una S. Messa in Santuario per commemorare l’evento.
La festa della Lingua di sant’Antonio comunica ai fedeli un significato profondo nel culto della peculiare reliquia: attraverso il prodigio della sua Lingua incorrotta, caso unico al mondo, il Santo di Padova ci invita a ritornare al Vangelo. Sant’Antonio è il Santo della Parola: il Signore si è degnato di preservare quella Lingua per mezzo della quale l’umile ma energico frate, con spirito di totale abnegazione, ha predicato a tutti gli uomini del suo tempo la Parola di Vita eterna, sanando le ferite dello spirito e del corpo.
Mi piace concludere questo articolo riportando la riflessione di Padre Alessandro Ratti, frate minore conventuale che vive ed opera presso la Basilica di Padova. Al giorno d’oggi – afferma il frate – non sono pochi quelli che mettono in dubbio l’autenticità cristiana del culto delle reliquie e disdegnano questo modo popolare e cattolico di pregare ed esprimere devozione. Alcuni arrivano a dire che la venerazione delle reliquie dei santi sarebbe un culto un po’ superstizioso, al limite del pagano, certamente poco spirituale e senza fondamenti nella Bibbia. Proprio la Bibbia invece, nell’Antico Testamento, ci dice quanto le reliquie del patriarca Giuseppe fossero tenute in considerazione da Mosè, in contrasto con la legge ebraica che proibiva di toccare le ossa. Ci dice, inoltre, che quelle del profeta Eliseo erano ritenute miracolose (2 Re 13,21). Negli Atti degli Apostoli poi si racconta che i primi cristiani mettevano sopra i malati fazzoletti con cui avevano toccato san Paolo, e che le «malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano» (At 19,12). Marco (6,56) ci racconta addirittura che la gente, quando passava Gesù, era contenta anche solo di toccare la frangia del suo mantello, e che quanti la toccavano erano guariti. È chiaro che è la fede di chi prega a ottenere da Dio la grazia, secondo la sua volontà, ma poiché siamo uomini e donne in carne e ossa, abbiamo bisogno di poter esprimere la nostra fede anche attraverso gesti concreti. Per questo la Chiesa ha sempre approvato il desiderio di quanti vogliono dimostrare il loro affetto ad un santo, anche venerando il suo corpo e chiedendo una grazia davanti alle sue reliquie. Il catechismo della Chiesa cattolica (CCC 1164) ci ricorda che è il «senso religioso del popolo cristiano» ad aver trovato, in ogni tempo, modi di esprimersi e forme diverse di preghiera che prendono il nome di religiosità popolare. Le visite ai santuari, i pellegrinaggi, le processioni e la venerazione delle reliquie dei santi sono facce diverse di questa religiosità, che non può mai dimenticare, però, il posto unico che spetta alla Parola di Dio e alla persona di Gesù Cristo nella vita di fede: “La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini. Le feste dei santi infatti proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare”.
Preghiera alla lingua di S. Antonio di Padova.
O lingua gloriosa! O prodigiosa lingua! Il buon Dio ha voluto conservarvi miracolosamente intatta in premio dei vostri meriti su questa terra. Approfittate di questi meriti a mio vantaggio! Parlate, glorioso S. Antonio al Signore per me! Il buon Dio vi ha conservato la Lingua intatta perché parlaste una voce che eccitasse in me fiducia verso di Voi. Ed io ne ho tanta!.
Tutto da Voi mi aspetto. Perciò io mi rivolgo a Voi, perché mi otteniate questa grazia. Parlate a Dio per me; se questa grazia è per il bene dell’ anima mia, il buon Dio non ve la negherà di certo e io loderò il vostro nome soccorrendo i vostri orfanelli. Io vi ringrazierò specialmente facendo di tutto per venire in Cielo a cantare unito alla vostra Lingua eterne lodi al nostro buon Dio. Così sia.
O lingua benedetta che hai tanto benedetto il Signore e l’ hai fatto benedire da molti ora si vede chiaramente quanta grazia hai trovato presso Dio.
Prega per noi glorioso Sant’Antonio
Perché siamo fatti degni delle promesse di Cristo.
O Dio onnipotente, Tu solo compi prodigi e miracoli; fa ti preghiamo, che come hai conservata incorrotta dopo la sua morte la lingua di S. Antonio, tuo confessore, così noi per i suoi meriti ed il suo esempio possiamo sempre benedirti e lodarti.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
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