Tra le braccia di un Santo
Il racconto degli incontri con Giovanni Paolo II oggi si tinge di un’emozione particolare, diventa narrazione della gioia di essere stati al cospetto di un Santo.
Mi preme innanzitutto ringraziare i miei genitori che più volte nel corso del suo pontificato si son recati a Roma, calamitati e affascinati dal carisma di un uomo che appariva come un grande trascinatore di coscienze ed un eccelso seminatore di ideali.
Sin dall’età di tre anni, essi mi hanno resa partecipe dei loro percorsi di fede, nella convinzione che la famiglia potesse attingere nuova linfa da quella “fonte”.
Il ricordo degli incontri, dunque, è mediato dalla loro memoria, sempre vivida e gravida di particolari che, nell’ impossibilità di essere scalfiti dallo scorrere del tempo, son diventati ormai granitici.
Il primo incontro avvenne pochi mesi dopo l’elezione di Wojtyla al soglio pontificio, nel 1978. La sala Nervi era gremita di fedeli, e riuscire a guadagnare posizioni per vedere il Papa più da vicino si presentava come un’impresa titanica.
Mio padre, non so con quale stratagemma, riuscì a conquistare un posto in prima fila. Mamma mi sistemò sulle gambe, ma resistetti poco; inizia a scalpitare, costringendola ad adagiarmi oltre la transenna.
Appena a terra, iniziai a ballare davanti al Papa, che congiunse le mani in segno di meraviglia e incredulità.
Di lì a breve, il grande abbraccio!
Papà mi mise tra le sue braccia, nel gesto amorevole di affidarmi a Lui, con tutto l’affetto di un padre che invoca la santa benedizione per la propria piccola; ci congiungemmo in un abbraccio circolare; i nostri occhi sorrisero di gioia dinanzi al suo volto radioso, i suoi erano luminosi, estremamente comunicativi; poche parole, fagocitate da grandi sguardi ed immensi sorrisi!
San Giovanni Paolo II con quell’abbraccio ci aveva fatto innamorare di sé!
A distanza di qualche anno, ci ritrovammo di nuovo al suo cospetto, questa volta però l’incontro avvenne tra la folla, che attendeva il suo ingresso alla sala Nervi. Tra le mani che lo cercavano, Lui prese la mia testa e l’avvicinò al suo volto affinché io lo potessi salutare con un bacio. Quanto calore in quel gesto!
Il ricordo del terzo incontro è sostenuto da mie reminiscenze. Avevo poco più di dieci anni ed ero stata incaricata di porgergli i saluti dell’Azione Cattolica di Amalfi, di cui papà era Presidente. Gli attimi prima che si avvicinasse mi sembravano interminabili, l’emozione era altissima.
Finalmente mi raggiunse; io gli presi le mani e con voce tremante gli rivolsi i saluti programmati. Lui mi sorrise, ancora una volta, con l’affetto di sempre, con l’affetto di un amico ormai…
Eh sì, Giovanni Paolo II per noi era tale, un amico di vecchia data a cui spesso facevamo visita, era diventato il nostro “Pà”, cosi come lo chiamano affettuosamente i miei genitori. “Pà” nel senso di Padre, di un uomo che con amore ha insegnato all’umanità intera l’umiltà, il perdono, il coraggio, la pace. “Duc in altum“: prendi il largo, il suo monito ai giovani.
Che Lui possa concedere ad ognuno di noi, oggi più che mai, la forza di tenere lontano il male, il dolore, la cattiveria, l’egoismo per tendere a vette sempre più alte ed essere testimoni in terra del Suo amore! Grazie Pà, veglia su di Noi!
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