Andrea Cataldi il poeta della Bellezza

di - del 24 Luglio 2014 © diritti riservati

Andrea Cataldi AmalfiAndrea Cataldi giovane amalfitano, classe 1978, è laureato in lettere Moderne e dal 2010 insegna stabilmente presso la Scuola Media Statale “Faustini-Frank” di Piacenza.

Andrea è appassionato di letteratura moderna e contemporanea, teatro e cinema, scrive poesie, racconti e testi per il teatro fin da giovane età.
Sono diverse le pubblicazioni all’attivo, la partecipazione a concorsi letterari con primi riconoscimenti e premi speciali.

Il poeta amalfitano ha ricevuto numerose e positive critiche di una poesia che si fa racconto del presente. Cantore dell’anima che gioisce circondata da tanta bellezza e stride all’ineluttabile ignoto sopraffatto dall’onirica presenza di un pensiero leggero, che si fa aria e nuvole e sole. Il suo esser poeta è un continuo movimento, una pulsione, segno di un animo indomito.

Ad Andrea, ospite gradito di questa rubrica che tende a far conoscere “I Personaggi” del nostro tempo, abbiamo rivolto sette domande per comprendere meglio il suo essere poeta in questo tempo di modernità.

Qual è per te il senso dell’essere poeta?

Siamo membri della razza umana, quindi soggetti continuamente a emozioni e turbamenti. C’è chi impara ad esternare ciò con le note, chi con la parola, chi con la rappresentazione scenica o plastica di persone cose e oggetti, chi con azioni, opere di vita, vita tout cour… Tutto può essere “movimento”, pulsione dell’animo umano, o meglio dell’animo di uomini indomiti.

Un colore, un film e una canzone per dirci qualcosa di te.

Un colore: il “bianco”, perché è un colore che non tradisce, non accetta compromessi, ma resta fedele a se stesso.

Un film: “Luci della città”, il mio film preferito in assoluto. I tre minuti finali sono l’essenza stessa dell’arte cinematografia: semplice emozione tradotta in immagini.

Una canzone: “Cyrano” di Francesco Guccini. Vorrei citare ognuno dei versi di quel testo ma mi limito a considerarlo, per intero, un inno potente di tutto quello in cui credo e spero; parole oneste per persone oneste, sano idealismo di chi non vuol mollare mai, anche alla deriva del mondo.

Quando componi, i versi nascono per essere destinati a qualcuno o a qualcosa in particolare?

Il moto primordiale è senza dubbio intimo, personale: l’anima che si smuove, grida, sussurra, bacia, sorride, riflette, intima, scuote, si confessa ecc., poi, appena finita l’ultima sillaba, la poesia non è più solo del poeta ma “di chi ne ha bisogno”. [cit.]

La poesia, a volte, svela cose meravigliose, altre volte cupe, tragiche. Cosa hai incontrato al di là dell’infinito?

Penso di aver incontrato solo altro infinito. È questo il senso del poesia, o della vita in senso lato, come la intendo io: il viaggio.

Qual è la poesia che meglio ti rappresenta? Quella di cui puoi dire: “ecco, questa sono io”?

Sono tante le poesie e i poeti che ho amato, amo e amerò, e che proverò a far amare a chi, in futuro, mi chiederà di parlare di poesia; quella, però, che meglio rappresenta me, è “Gabbiani”, di Vincenzo Cardarelli.

“Non so dove i gabbiani abbiano il nido,

ove trovino pace.

Io son come loro,

in perpetuo volo.

La vita la sfioro

com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.

E come forse anch’essi amo la quiete,

la grande quiete marina,

ma il mio destino è vivere

balenando in burrasca.”

La poesia, i tuoi versi o quelli di altri, possono cambiare il mondo?

Non so, non credo, non penso neanche mi interessi più di tanto saperlo. Per quanto mi riguarda, penso che il primo e il più grande miracolo che possa compiere la poesia, è cambiare la vita di chi l’ha scritta e, solo dopo, di chi se la lascia cambiare.

Progetti per il futuro?

Visto che non scrivo solo e soltanto in versi ma anche in prosa, narrativa e scrittura teatrale, dopo la pubblicazione della mia seconda silloge poetica “Tanta Bellezza”, ho terminato la mia quarta piéce teatrale; questa ha per tema la vita di trincea di alcuni soldati italiani durante la Grande Guerra. Dovrebbe essere messa in scena l’anno venturo a Piacenza, la città dove insegno da cinque anni e che mi ha, fin dal primo giorno, generosamente concesso rispetto, amicizia, considerazione e umanità.

 

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