La dinastia del duca Sergio I (958-1073) – VI parte

di - del 30 Luglio 2014 © diritti riservati
Il quartiere Vagliendola: secondo un'antica tradizione, nel Medioevo il rione fu abitato da famiglie di origine greca che avevano come loro chiesa proprio S. Nicola de Grecis, le cui uniche tracce attuali sono quelle della toponomastica.

Il quartiere Vagliendola: secondo un’antica tradizione, nel Medioevo il rione fu abitato da famiglie di origine greca che avevano come loro chiesa proprio S. Nicola de Grecis, le cui uniche tracce attuali sono quelle della toponomastica.

Giovanni si era appena insediato che Guaimario V di Salerno attaccò Amalfi, conquistandola nell’aprile del 1039. Non si conoscono le circostanze della conquista. A giugno cadde nelle sue mani anche Sorrento; l’anno successivo fu la volta di Gaeta.

Dopo la caduta di Pandolfo Guaimario, grazie soprattutto alla forza d’urto dei Normanni di Aversa, era diventato in poco tempo l’uomo più potente della Campania. Giovanni di Amalfi emigrò per la terza volta, recandosi con suo figlio a Costantinopoli, dove però non c’era possibilità di ottenere aiuti, dato che dopo il fallimento della spedizione in Sicilia i Greci avevano da lottare per conservare il loro dominio in Puglia.
Guaimario intanto, mentre insediò a Sorrento un fratello come duca, volle reggere, almeno agli inizi, lui stesso il ducato di Amalfi. In ottobre, in qualità di Domini gratia princeps Salernitane civitatis et Capue seu Amalfi atque Sirrentum, donò ai monaci cassinesi la chiesa di S. Nicola in Amalfi con l’approvazione dell’arcivescovo Leone II, che era stato, come si è visto, lui stesso monaco a Montecassino e probabilmente vi aveva soggiornato come ospite nella primavera del 1038. Nello stesso tempo un gruppo di nobili amalfitani donò all’abbazia un’altra chiesa situata vicino a quella di S. Nicola: così erano poste le basi per il formarsi di una colonia cassinese ad Amalfi.

Nella seconda metà del 1042 Guaimario si decise a far di nuovo governare Amalfi da un duca locale, dopo che nell’anno precedente aveva lasciato Gaeta al normanno Rainulfo. La sua scelta cadde su Mansone II, il duca accecato e spodestato nel 1038, il quale fece iniziare il calcolo degli anni di governo a partire dal suo ritorno in città (post recuperationem).

Nell’aprile del 1047 si associò come coreggente un figlio che portava il nome del suo protettore, dal quale ovviamente il nuovo duca di Amalfi era completamente dipendente: tra l’altro gli doveva versare un tributo con il quale questi pagava i Normanni, che però con il passare del tempo stavano diventando sempre più scomodi. A Salerno egli teneva anche prigionieri dei nobili amalfitani; due di essi incarcerati nella rocca della città, come riferisce il cronista Amato, riuscirono ad evadere insieme a due capi normanni di Aversa.

Fra Guaimario e la Chiesa di Amalfi scoppiò un conflitto aperto, sui cui retroscena non si sa però niente. Quello che è certo è che il vescovo di Minori fu incarcerato, mentre il suo metropolita, che ancora nel 1039 aveva sottoscritto il documento per Montecassino, lasciò Amalfi per sempre e, ripreso il nome di Laurentius, che aveva portato da monaco, si stabilì prima a Firenze e poi a Roma; qui nella cerchia dei riformatori presso la curia romana ebbe un ruolo importante fino alla sua morte avvenuta nel 1049. Come successore di Leone Guaimario insediò il salernitano Pietro.

Nel 1052 si ebbe ad Amalfi un rivolgimento politico con la fine della dipendenza da Salerno. Gli Amalfitani, ribellatisi a Mansone, interruppero il pagamento dei tributi a Guaimario ed inflissero a Salerno gravi danni attaccandola dal mare.
Il principe voleva passare al contrattacco ma, poiché in seguito al mancato versamento del tributo degli Amalfitani venne a trovarsi in difficoltà finanziarie, i Normanni al suo servizio gli fecero sapere che non si consideravano più a lui legati.
Una parte del suo seguito ordì allora contro di lui una congiura che poté contare anche sul sostegno finanziario dell’esiliato duca Giovanni II di Amalfi. Questi, sostenuto dai Bizantini che allora stavano riprendendo la loro politica attiva in Italia, non dovette essere estraneo neanche alla sollevazione contro Mansone.

Certo è che, allorquando gli Amalfitani all’inizio di giugno sbarcarono sulla spiaggia di Salerno, Guaimario V, che era andato loro incontro con i suoi uomini armati, fu assassinato dai congiurati.

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