La dinastia del duca Sergio I (958-1073) – VII parte
Dopo un esilio di 12 anni a Costantinopoli Giovanni II riprese per la terza volta il potere assieme a suo figlio Sergio e, a partire dal settembre del 1052, padre e figlio, come già Mansone II dieci anni prima, fecero iniziare nella datazione dei documenti una nuova epoca post eorum recuperationem.
Per effetto del cambiamento politico il salernitano Pietro, che era pervenuto alla cattedra arcivescovile di Amalfi al tempo di Guaimario, lasciò la città e si recò al principio del 1053 dal papa Leone IX. Questi da Benevento lo mandò nel 1054 come legato a Costantinopoli insieme al cardinale Umberto di Silva Candida ed al cancelliere Federico di Lorena. E’ documentata infine la presenza di Pietro nell’ambiente di papa Nicola II nel 1059.
Sotto il duca Giovanni, gli Amalfitani ripresero la loro libertà di movimento, procedendo innanzitutto ad una nuova regolamentazione dei loro rapporti con Salerno. Qui aveva potuto affermarsi con l’aiuto dei Normanni il figlio di Guaimario, Gisulfo II, che fin dall’inizio assunse nei riguardi di Amalfi un atteggiamento ostile. Nella sua intitolazione non è dato di ritrovare, comunque, alcuna pretesa sul ducato di Amalfi e neppure su Sorrento, retta di nuovo, a partire dal 1052, da un duca locale. Allorchè Gisulfo venne in urto con i Normanni, Giovanni II si alleò con Riccardo di Aversa contro i Salernitani.
Fra i conti normanni di Aversa ed il casato dei duchi amalfitani si era stabilito da tempo un collegamento in seguito al matrimonio di una sorella di Giovanni con Rainulfo I e Riccardo era un nipote di Rainulfo che era morto senza figli.
Gli Amalfitani cominciarono a saccheggiare la costa di Salerno ed a bloccare il traffico commerciale; poiché Gisulfo era minacciato dalla parte di terra, oltre che da Riccardo anche da Guglielmo d’Altavilla, dovette cercare di rompere l’alleanza normanno-amalfitana per riaprirsi almeno la via del mare. Fece quindi un’offerta di pace al duca di Amalfi, a cui quest’ultimo subito aderì.
Secondo il resoconto di Amato, Giovanni e Gisulfo, ognuno insieme a 300 persone di Amalfi e Salerno, giurarono di mettere fine alla vecchia inimicizia e di adoperarsi per mantenere la pace nel futuro. In questo modo gli Amalfitani si assicurarono l’indipendenza politica dal vicino principato longobardo, al quale avevano dovuto pagare ingenti tributi per 12 anni. I Normanni non rappresentavano ancora una minaccia immediata.
Giovanni II, al quale già durante il suo primo governo (1029-34) era stato concesso il titolo di patrizio, nel 1052 tornò da Costantinopoli con il rango più elevato di anthypatos e vestes. Il lungo esilio del duca amalfitano a Costantinopoli contribuì inoltre ad intensificare i rapporti fra Amalfi e Bisanzio, soprattutto sul piano economico e culturale, per il quale le testimonianze diventano sempre più numerose.
Per la prima volta abbiamo dettagliate notizie sulla colonia degli Amalfitani nella capitale dello Stato bizantino, il cui nucleo centrale era costituito dal monastero di S. Maria de Latina. Sono anche noti nomi di Amalfitani che possedevano case nel quartiere dove sorgeva la loro colonia e compivano viaggi di affari fra Costantinopoli e la loro città natale. Al duomo di Amalfi venne donato agli inizi degli anni sessanta un portale di bronzo fuso a Costantinopoli.
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