Ruggero Borsa duca di Amalfi (1085)
Dopo la morte del Guiscardo, nel luglio del 1085, gli subentrò come duca di Amalfi il figlio Ruggero Borsa, il cui nome però in un primo momento non compare nei documenti amalfitani, dato che era invalso l’uso di datare i documenti non più secondo gli anni di governo, ma unicamente secondo l’annus ab incarnatione.
Nel 1087, esattamente cento anni dopo l’elevazione di Amalfi a sede metropolitica, Ravello, piccolo ma ambizioso centro del ducato amalfitano, diveniva sede di vescovado per iniziativa di Ruggero e per concessione del papa Vittore III.
Il duca nel marzo di quello stesso anno aveva indotto l’abate di Montecassino prima ancora del suo ingresso a Roma a consacrare arcivescovo di Salerno un candidato a lui gradito.
La fondazione della nuova diocesi è possibile che sia avvenuta in quello stesso tempo, e non è da escludere che già allora fosse stata progettata la sua esenzione dalla giurisdizione dell’arcivescovo di Amalfi, concessa da Urbano II tre anni dopo.
Evidentemente Ruggero Borsa voleva crearsi un punto di appoggio indipendente nel ducato di Amalfi. A tale scopo forse non poteva contare sul vescovo della vicina Scala, che era invece suffraganeo dell’arcivescovo amalfitano. E’ da precisare tuttavia che non è noto quando Scala sia stata elevata al rango di vescovado, se prima o dopo la fondazione della diocesi di Ravello.
Durante il breve pontificato di Vittore III avvenne la fortunata spedizione navale dei Pisani e dei Genovesi contro al-Mahdia, la città marittima del Nordafrica residenza degli Ziridi. Secondo la testimonianza del canto di vittoria dei Pisani, fra i condottieri cristiani si distinse l’amalfitano Pantaleo Hypatus da identificare col figlio di Mauro: probabilmente egli comandava un contingente fornito da Amalfi, che potrebbe aver partecipato a questa impresa per motivi di politica commerciale, naturalmente d’accordo col duca normanno.
Alla fine del 1087 si arrivò alla guerra fra Ruggero Borsa ed il fratellastro Boemondo. Essendosi il duca recato in Calabria, dove condusse delle operazioni militari con l’appoggio di suo zio il conte di Sicilia, ad Amalfi si approfittò della situazione per non riconoscere più la sua autorità.
Documenti del marzo e del luglio 1088 nominano infatti Gisulfo II come gloriosus eximius princeps nel suo primo anno di ducato amalfitano. Si tratta del detronizzato principe longobardo, il quale dopo la sua partenza da Salerno aveva guadagnato influenza presso la curia romana: Gregorio VII lo aveva utilizzato nell’ambito dell’amministrazione dello Stato della Chiesa e gli aveva affidato delle legazioni; inoltre aveva preso parte alla realizzazione del piano tendente a far eleggere e consacrare Vittore III.
Non sono note la data e le circostanze della sua presa di potere ad Amalfi: si sa soltanto che nell’aprile del 1088 soggiornò nella città con un seguito di Salernitani (ufficialmente compare come garante per il matrimonio di un suo vicino parente con un’amalfitana di Atrani) e che nel luglio di quell’anno viene menzionato in una lettera di Urbano II, da pochi mesi eletto come Salernitanus princeps et Amalphitanus dux. Già alla fine dell’anno o all’inizio del 1089 dovette però cedere a Ruggero Borsa, il quale aveva concluso la pace con Boemondo.
La signoria di Gisulfo su Amalfi rimase quindi solo un episodio. Nei documenti viene ora menzionato solo il nome del duca normanno, che fece iniziare una nuova epoca nel computo dei suoi anni di governo: il giorno di inizio della nuova epoca è da porre tra il 5 ottobre 1088 ed il 20 aprile del 1089 ed è da segnalare l’introduzione, per la prima volta, dello stile romano nella datazione.
Nel settembre del 1089, in occasione del sinodo di Melfi, Ruggero fu investito da Urbano II del ducato di Puglia e Calabria, ma la signoria normanna su Amalfi e Salerno si intendeva ancora una volta tacitamente accettata.
Nell’ottobre dell’anno seguente Urbano II sottomise direttamente alla Santa Sede il vescovado di Ravello recentemente fondato (il testo della bolla papale è datato 7 ottobre 1090), mentre Ruggero manifestava ancora il suo favore verso i Ravellesi trasferendo loro, dietro versamento di un canone annuo di 100 soldi, i punti di vendita (apothece) sulla spiaggia di Minori posseduti fino a quel momento al vescovo locale.
Sullo sfondo degli stretti rapporti fra Ruggero Borsa e suo zio Ruggero I, gran conte di Sicilia, deve essere considerato un atto di donazione, mediante il quale il monastero amalfitano dei SS. Quirico e Giulitta nel 1091 ebbe in dono da un certo Arduino la chiesa di S. Maria nei pressi del castello di Collesano in Sicilia.
L’atto di donazione (il documento è la più antica testimonianza sulle relazioni tra Amalfi e la Sicilia normanna) fu sottoscritto dal signore del castrum, il normanno Raynaldus Avenellus, che nel 1092 è documentato nella cerchia di Ruggero Borsa e più tardi sposò una nipote di Ruggero I.
Nel 1087 il monastero aveva ottenuto da un normanno di nome Angerius un terreno nel territorio stabiano: il donatore è da identificarsi probabilmente con il capostipite eponimo della famiglia Filangieri (filii Angerii).
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