Il Cardinale Pietro Capuano e la sua missione religiosa e politica
di Gennaro Esposito
Ubicata lungo le coste bagnate dal Mar Tirreno è Amalfi. L’antica Repubblica Marinara, perla del Meridione d’Italia, ha fatto la sua fortuna sul mare, che le garantisce da sempre protezione ed una florida e prospera economia. Esperti della navigazione, gli Amalfitani, consapevoli delle loro qualità, decisero ben presto di creare una Repubblica indipendente, che avesse potuto dar vita ad una nuova civiltà nel Mediterraneo.
Nell’XI secolo Amalfi era il luogo di incontro di una moltitudine di mercanti arabi, siculi e libici che hanno fatto di Amalfi una cittadina potente, popolosa e culturalmente all’avanguardia. Gli Amalfitani fecero tesoro dei migliori aspetti della civiltà araba e di quella bizantina, delineando così una società composta da tre classi sociali: l’aristocrazia mercantile, la borghesia, la plebe. Di fronte alla città, a protezione della zona portuale, vi erano banchine e moli, che servivano da baluardo difensivo e da attracco per le navi che giungevano ad Amalfi, importante scalo marittimo del Mediterraneo. Il porto dell’antica Repubblica probabilmente era stato distrutto da una tempesta nel corso del XII secolo. Colui che si interessò alla costruzione di un nuovo porto, migliorandone anche le attrezzature portuali continuamente esposte alle violente tempeste causate dai mari di scirocco e di libeccio, fu il cardinale Pietro Capuano, uomo insigne della città di Amalfi, che cercò di alleviare la fatica e l’affanno dei suoi fedeli proprio come un buon pastore dovrebbe fare con le sue pecorelle, difendendole e preservandole da ogni pericolo.
Purtroppo il progetto di colui che, dopo aver partecipato alla IV Crociata traslò ad Amalfi le Reliquie di S. Andrea Apostolo, non venne portato a termine perché l’ecclesiastico amalfitano fu richiamato a Roma dal Sommo Pontefice. Un nuovo porto, comunque, venne costruito durante il XIII secolo. Questa notizia è testimoniata da Registri Angioini, che conservano un documento del 1271, in cui il porto viene esplicitamente menzionato. Un porto esisteva ad Amalfi ancora nel 1362 dopo la disastrosa tempesta del 1343 (menzionata anche da una lettera di Francesco Petrarca, poeta e scrittore italiano incoronato in Campidoglio a Roma magnus poeta et historicus, a Giovanni Colonna, cardinale italiano della Chiesa Cattolica che morì di peste il 3 luglio del 1348 ad Avignone ) che causò la distruzione delle mura e delle case che si affacciavano sul meraviglioso ma imprevedibile mare. Pietro Capuano, appartenente a una famiglia della nobiltà amalfitana che discendeva dal conte longobardo Lando de Prata, è stato un cardinale e teologo italiano morto a Viterbo nell’Agosto del 1214. I Capuano possedevano terre, case e botteghe ad Amalfi, Atrani, Agerola, Maiori e Capri e detenevano anche diritti di patronato sulla chiesa monastica di S. Sebastiano risalente alla fine del X secolo. La ricchezza della famiglia permise a Pietro, dopo aver ricevuto i primi ordini e dopo essere entrato a far parte del clero del duomo di Amalfi, di proseguire gli studi prima a Bologna e poi, per un periodo abbastanza lungo, a Parigi. Dopo aver insegnato all’Università di Parigi, ivi entrò nella cerchia formatasi intorno a Pietro Lombardo, teologo italiano insignito dell’ appellativo di Magister Sententiarum, fu elevato alla porpora cardinalizia il 20 Febbraio 1193 da Papa Celestino III e successivamente nominato legato papale da S.S. Innocenzo III, collocato da Dante nel IV cielo del Paradiso insieme agli spiriti sapienti come Tommaso d’Aquino e S. Francesco d’Assisi. Come dimostrano alcune sue firme apposte alle bolle pontificie, il cardinale si trattenne, dal marzo del 1193 fino al luglio del 1195 presso la Curia Pontificia, dove presenziò nell’ottobre del 1193 alla solenne canonizzazione di S. Giovanni Gualberto e dove poco tempo dopo ricoprì il ruolo di giudice delegato del papa in una causa di appello relativa alla lite tra i canonici di Chartres e la contessa Isabella di Blois.
Dopo l’incoronazione siciliana dell’imperatore Enrico VI, poco prima del luglio 1195, il fervido ecclesiastico fu inviato da Papa Celestino III come legato in Calabria ed in Puglia per controllare che gli accordi in materia di politica ecclesiastica presi a Gravina con il re Tancredi fossero rispettati anche dai nuovi sovrani Enrico e Costanza. Il vescovo Guglielmo di Melfi chiese il suo consiglio in una questione di diritto matrimoniale ed infine l’alto prelato è ricordato l’ultima volta come legato nel marzo del 1196 a Benevento, dove concluse con un compromesso una lite tra il vescovo Giovanni di Dragonara e il monastero di S. Maria di Gualdo Mazzocca, situato nella Diocesi di Benevento e fondato nel 1170 da S. Giovanni Eremita. Tornato in Curia, ricevette l’incarico di riformare le Chiese di Boemia e di Polonia, infatti il 12 marzo 1197 fece il suo solenne ingresso a Praga ivi si trattenne fino al maggio del 1197 cominciando subito a mettere in atto le riforme ecclesiastiche di cui era stato incaricato. In vista della crociata indetta da Papa Innocenzo III, Capuano, nel Gennaio 1199, riuscì a porre una tregua tra il re d’Inghilterra, Riccardo Cuor di Leone, e il re di Francia, Filippo II Augusto, dopo lunghe trattative svoltesi nella zona tra Vernon e Andely. Quando i progetti per la crociata cominciarono a concretizzarsi, Innocenzo III nominò nell’aprile del 1202 legati il Capuano e il cardinale prete Soffredo da Pisa, scelti per questo compito sin dal 1198, senza però precisare nei particolari quali fossero i loro compiti e i loro poteri. Mentre Soffredo si mise immediatamente in viaggio per la Terrasanta, l’illustre amalfitano fu mandato dal papa a Venezia, per impedire il piano dei Veneziani di attaccare prima Zara che faceva parte del regno ungherese. Ma ben presto il legato dovette rendersi conto che i Veneziani erano disposti ad accettarlo soltanto come predicatore, ma non come “messaggero” per la crociata.
Dopo il suo ritorno in Curia all’inizio del 1207, non ebbe più affidate altre legazioni, pur godendo ancora di grande influenza. Uno degli indizi della stima di cui godeva il porporato, nell’ambito della Chiesa, è costituito dal fatto che nel 1202 il capitolo di Amalfi lo mise al primo posto nella lista dei candidati proposti al papa per la sede arcivescovile e che nel 1211 il capitolo di S. Sofia di Costantinopoli chiese addirittura la sua elezione a patriarca. Dopo il suo ritorno dalla crociata il Teologo cattolico soggiornò più volte e per periodi abbastanza lunghi nella sua città natale, che dotata numerose fondazioni ecclesiastiche. Risale, infatti, all’agosto del 1208 l’istituzione da parte di Pietro di una scuola gratuita di arti liberali in Amalfi perché fosse frequentata da laici e chierici amalfitani ed atranesi “scholam liberalium artium in civitate Amalfie regenda habere tam laici quam clerici Amalfie et Atrani volentes studentes sine pretio”. La scuola pare sia rimasta attiva fino al XVIII e fu aperta anche agli alunni di Pogerola e di Pastena. Il card. Capuano, non soddisfatto dell’opera dei Canonici Lateranensi a cui aveva affidato il Monastero di S. Pietro della Canonica di Amalfi “sancti Petri Apostoli que de Toczulo dicitur” da lui stesso fondato, fece giungere nel borgo costiero i Padri Cistercensi di Fossanova. L’insigne amalfitano, che fu uno degli autori più produttivi nell’ambito della scuola teologico‐filosofica fondata da Pietro Lombardo, morì il 30 agosto 1214 a Viterbo, ivi fu trasferita la Curia papale da Papa Alessandro IV, probabilmente figlio di una sorella di Gregorio IX. Dei parenti del cardinale, anche due nipoti abbracciarono la carriera ecclesiastica: tra questi ricordiamo Giovanni Capuano che diventò arcivescovo di Amalfi nel 1215 e Pietro che fu nominato cardinale da Onorio III nel 1219.
Altro campano che promosse la cultura tra le schiere degli amalfitani fu Mons. Mariano Bianco, successo a Mons. Micciù, durante il cui governo Amalfi perse le sue diocesi suffraganee. Mariano, nato a Napoli il 22 settembre 1775, fu ammesso tra i presbiteri nel Febbraio del 1799. Licenziato in teologia presso l’università di Napoli nel 1827, fu proposto dal re delle Due Sicilie per la nomina a vescovo di Nicotera e Tropea. Successivamente il vescovo fu trasferito alla sede di Amalfi. Sotto il suo governo, il Capitolo amalfitano chiese al Papa di voler dichiarare privilegiato l’altare di S. Francesco d’Assisi nella Cripta della Cattedrale, ma il suo ricordo è ancora vivo per la scuola per fanciulli che fece edificare a sue spese e che ancora oggi svolge la sua missione. A Mons. Bianco è anche da attribuirsi il merito di essersi adoperato presso il Re Ferdinando II, affinché l’abbazia di S. Pietro della Canonica venisse affidata ai Frati Minori Cappuccini. Durante la sua missione pastorale, si diede inizio alla costruzione del Cimitero per l’osservanza delle norme che vietavano la sepoltura dei cadaveri nelle chiese consacrate (officiate) e fu benedetto il Campanile della chiesa di S. Francesco annessa al convento dei Frati Minori Osservanti di Maiori. Mariano Bianco, dopo una
vita spesa al servizio del prossimo e dopo aver rinunziato alla sede arcivescovile nell’ottobre del 1848, morì a Napoli tre anni dopo. Altro grande figlio della Repubblica di Amalfi fu Lorenzo d’Amalfi, che divenne arcivescovo dell’attiva cittadina con il nome di Leone II Gettabetta. Il suo impegno pastorale nella nostra diocesi durò quasi venti anni, precisamente dal 1029 al 1047. L’illustre amalfitano fu persino maestro del monaco Ildebrando da Soana, che diventerà Pontefice Romano con il nome di Gregorio VII. Lorenzo, nato ad Amalfi nel 997, morì nel 1049, all’età di cinquantadue anni, dopo essere stato allontanato dalla sede arcivescovile per la sua tendenza filo – bizantina.
(Si ringrazia per l’aiuto e la preziosa collaborazione il Prof. Giuseppe Gargano)
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