Amalfi crocevia tra Oriente ed Occidente
Ma quei d’Amalfi, cui la lunga spada
era misura, a patria più lontana
andavano; chè già s’avean contrada
e forno e bagno e fondaco e fontana…
Con questi versi Gabriele D’Annunzio, nella Canzone del Sacramento, magnifica la gloria di una città, la cui popolazione ha usato la lunga spada non solo contra hostes fidei (come dichiara la famosa iscrizione di Porta della Marina), ma anche per stabilire una rete economico-commerciale alla quale l’Occidente – fino all’Alto Medioevo un continente quasi “sottosviluppato” in confronto ai paesi orientali – deve invenzioni, tecniche e beni, sia d’uso sia di lusso, che trasformarono il volto di tutta l’Europa.
Gli Amalfitani, infatti, sapevano praticare con astuzia una politica che era dominata dal primato del commercio anziché dal fanatismo religioso: per loro gli “infedeli” – cioè i popoli del mondo islamico – erano innanzitutto “partner d’affari”: un comportamento che, come abbiamo visto, portò nell’879 addirittura alla scomunica da parte di Papa Giovanni VIII del vescovo, del prefetto e dell’intera popolazione di Amalfi, troppo vicini ai Saraceni.
Tale politica, che stava sotto l’egida più di Mercurio che di Marte, era determinata dalla presenza del mare: il Mediterraneo, che costituiva la grande via di comunicazione delle culture antiche, su cui circolavano merci e idee, beni e racconti, notizie e invenzioni.
Era la direzione da Est ad Ovest quella per cui passava il progresso tecnico-culturale, ed era la Repubblica Marinara di Amalfi ad essere la grande mediatrice di questo progresso.
Nettamente legata alla storia di Amalfi è ad esempio la fabbricazione e la commercializzazione della carta, appresa dagli Arabi che, a loro volta, ne avevano mutuate le tecniche di produzione dai Cinesi e che si diffuse poi in tutta Europa, ma di questo tratteremo più dettagliatamente nella prossima pubblicazione di questa rubrica.
Altra invenzione da attribuirsi ai Cinesi e mediata dagli Arabi è quella della bussola come abbiamo potuto già approfondire. Un ulteriore campo nel quale invenzioni e novità giunsero dai lidi islamici nei paesi occidentali fu quello dell’orticoltura. Gli Arabi portarono all’Ovest la palma da dattero, la melenzana, il cotone, i bachi da seta, il gelso, il sommaco (in arabo summaq, importante per la concia delle pelli) e soprattutto la coltivazione dei limoni.
I limoni (laymun in arabo) provennero probabilmente dalla Persia e ‘migrarono’, attraverso la Siria e l’Egitto, nel Maghreb, da dove raggiunsero con gli Arabi la Sicilia e, intorno al 1000, anche la Costiera Amalfitana. Tuttora la coltivazione dei limoni impronta il profilo paesaggistico della Costiera, ricordando con le sue terrazze e l’antico sistema d’irrigazione i giardini pensili del favoloso Oriente. Con i limoni gli Arabi preparavano tra l’altro oli essenziali, uno sciroppo zuccherato e la famosa laymunada (limonata), a cui i medici attribuivano anche virtù disinfettanti e disintossicanti.
Nel campo dell’architettura l’influsso islamico è importantissimo nell’arte della ceramica. Gli Arabi perfezionarono la tecnica dello smalto a colore e la produzione della maiolica (nome che deriva etimologicamente dall’isola di Maiorca, in quell’epoca sotto il loro dominio). A Ravello il blu “turchese” dei due pulpiti medievali del Duomo manifesta l’influsso di mosaicisti islamici. A Vietri la produzione ceramica ricorda la secolare tradizione artigianale della zona.
Da non trascurare le case mediterranee che, con le loro volte a padiglione, hanno ricordato da sempre ai visitatori del Nord quelle a cupola dell’Oriente. La tecnica edilizia è dovuta alla necessità di costruire senza legno; inoltre il tetto a cupola è ideale per la raccolta delle acque piovane. Nei palazzi i meravigliosi bagni (chiamati oggi ‘bagni romani’, mediati però dagli Arabi) ricordano una cultura della vita e del ‘saper vivere’, totalmente ignorati in Occidente. Nella Villa Rufolo di Ravello si possono ancora ammirare i resti di due di questi “bagni arabi”.
Accanto ai progressi tecnici e a quelli della cultura, gli Amalfitani importarono in Occidente anche i fasti e lo splendore dei paesi delle Mille e una notte. Sui gozzi amalfitani con le loro vele latine (anche questa un’invenzione orientale) arrivarono merci di lusso, come la seta ed il broccato, preziose spezie ed erbe aromatiche come l’incenso, la mirra ed il nardo.
Altri prodotti importati dall’Oriente all’Occidente, anche grazie agli empori amalfitani, furono il caffè (dall’arabo cachwa), il gelato nella forma del sorbetto (sciarbat) e lo zucchero (sukkar).
Tutti e tre giocarono un ruolo importante anche nella medicina araba (allora quella più avanzata), che fu pure all’origine della famosa Schola Medica Salernitana.
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