Annunciatori del Vangelo ai/con i disabili

di - del 14 Ottobre 2014 © diritti riservati

Suor-Veronica-DonatelloMolto importante, oggi pomeriggio, l’ incontro tenuto da Suor Veronica Donatello, responsabile settore disabili dell’Ufficio Catechistico Nazionale, al Convento S. Francesco di Maiori.

Affrontato il tema della Missione di Annunciatori del Vangelo ai/con i disabili.

Rispetto al passato l’atteggiamento della società verso le persone disabili è migliorato, è cresciuta la sensibilità nei loro riguardi e nei loro diritti. Dobbiamo tuttavia ammettere che, spesso, però, capitano situazioni che portano tanti fratelli e sorelle disabili ad allontanarsi dalle nostre Comunità.

È necessario che la Parrocchia maturi specifiche competenze in modo da permettere alla persona disabile «non tanto e non solo di usufruire di servizi specifici, ma innanzitutto di essere visto e riconosciuto come portatore di un dono particolare dello Spirito per l’edificazione della stessa comunità che lo genera nella Fede» Se tutti i cristiani sono «pietre vive», costruite «come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo» (1Pt 2,4), questo certamente vale anche per la persona disabile.

Formazione al catechismoLa Parrocchia, in quanto luogo della generazione nella Fede, dovrà intraprendere un cammino educativo, di rinascita che prende le mosse da una relazione, quella con l’educatore e con la comunità educante: come un bambino non può darsi da sé stesso ciò che non possiede, cioè la vita, ma la riceve dalla relazione con chi lo genera, allo stesso modo avviene la generazione nella Fede. In realtà, l’educatore e la comunità educante non hanno mai dinanzi un bambino inteso come “tabula rasa” su cui scrivere o un “vaso vuoto” da riempire: essi piuttosto, incontrano una persona che ha già in sé un tesoro da tirar fuori.

Questa ricchezza non è data solo dall’insieme delle potenzialità umane del bambino, ma anche dal dono dello Spirito del Risorto che abita in ogni battezzato e che si manifesta attraverso frutti di santità e carismi. L’educazione, allora, diviene una vera e propria arte del dialogo, attraverso cui il dono dello Spirito, presente in ogni cristiano, viene portato alla luce. Di certo, il progetto educativo, coinvolge anche altre agenzie educative con cui tessere alleanze; opereranno in sinergia con la comunità parrocchiale, autentico crocevia dell’educazione della Fede.

formazione catechismoTra i punti fondamentali:

– la necessità del coinvolgimento della famiglia del disabile; – l’opportunità di una solida formazione catechetica e pedagogica dell’educatore; – l’importanza di pensare ad un itinerario adeguato alle capacità del ragazzo disabile; – l’attenzione ad un pieno coinvolgimento del disabile nei vari contesti educativi parrocchiali.

Un altro punto importante è quello di riconoscere la provocazione di cui la persona disabile è portatore all’interno della Chiesa e della Società, facendo appello a percorsi di conoscenza, di accoglienza, di integrazione e di personalizzazione, fino al punto da riconoscerlo come parte attiva dell’evangelizzazione.

L’incontro si è concluso con le parole di Simona Atzori, una disabile, senza braccia dalla nascita, nota pittrice e ballerina classica che nel 2001 si è laureata in “Arti visuali” alla University of Western Ontario (Canada):

«Spesso i limiti non sono reali, i limiti sono solo negli occhi di chi ci guarda. Non importa se hai le braccia o non le hai, se sei lunghissimo o alto un metro e un tappo, se sei bianco, nero, giallo o verde, se ci vedi o sei cieco o hai gli occhiali spessi così, se sei fragile o una roccia, se sei biondo o hai i capelli viola o il naso storto, se sei immobilizzato a terra o guardi il mondo dalle profondità più inesplorate del cielo. La diversità è ovunque, è l’unica cosa che ci accomuna tutti.

Tutti siamo diversi, e meno male, altrimenti vivremmo in un mondo di formiche. Non c’è nulla che non possa essere fatto, basta trovare il modo giusto per farlo. Io tengo il microfono con i piedi, altri con le mani, altri ancora lo tengono sull’asta. Sta a noi trovare il modo giusto per noi. Se avessi avuto paura sarei andata all’indietro, invece che avanti. Se mi fossi preoccupata mi sarei bloccata, non mi sarei buttata, avrei immaginato foschi scenari e mi sarei ritirata.

Invece ho immaginato. Adesso sono felice, smodatamente, spudoratamente felice. Ed è una gioia raccontarla, questa mia felicità. Ringrazio il Signore non per la vita in generale, ma per avermi disegnata esattamente così. Il mio grazie quotidiano è cercare di rendere questa mia vita un Capolavoro, come Lui ha voluto che fosse»

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Annamaria Santoro

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