Storia
Il cuore monumentale di Amalfi
Di Amalfi si è già detto e scritto nel tempo che parlarne o raffigurarla ancora diventa superfluo. Eppure, di questa città delimitata nel breve ventaglio dei monti Lattari e l’infinito spazio del mare, chiusa fra il segno preciso della roccia e quello duttile e mutevole dell’acqua, l’essenza e l’anima sembrano sfuggire.
Tratti rapidissimi di declivi costringono le case in un’architettura che dovunque sarebbe improvvisata e qui diventa fulcro che ignora l’estemporaneità. Strade in cui oriente e occidente rimescolano le carte e le tendenze, in cui le spiritualità mediterranee e levantine si intrecciano, si trasformano in un bazar aperto a opposti orientamenti, ma tale da annullarli tutti nella propria immutabile identità…
Il fitto reticolo di viuzze e gradini con candide casa di chiaro influsso orientale, è dominato dal Duomo. Segno di un passato splendore che conserva originali tratti arabo-siculi nel campanile a bifore, trifore e archi intrecciati e nel chiostro del Paradiso.
A più di uno apparve come una città da mille e una notte, d’oro e d’argento, ammantata di drappi, festosa nella sua ricchezza e nel suo fascino, ostentata nel suo coraggio e nel suo carattere cosmopolita, variabile e mutevole come solo l’estrema sicurezza consente; araba nella sua austerità, latina nella sua interiorità, percorse mari e vicende in un tempo in cui interi popoli venivano sopraffatti e uomini annientati.
Domenico Rea
Amalfi e l’epopea della carta
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(testi del Centro di Cultura e Storia Amalfitana, tutti i diritti riservati)