Il Santo Patrono e la Traslazione
La cronaca è la via maestra attraverso la quale un evento entra nella storia umana. La traslazione delle Reliquie dell’Apostolo Andrea da Costantinopoli in Amalfi, avvenuta ad opera del Cardinale Pietro Capuano, figlio della nostra terra, è storia e va raccontata seguendo un’antica cronaca che ne ripercorre le vicende.
Essa s’intitola Matthaei Amalphitani archidiaconi translatio Corporis S. Andree apostoli de Contantinopoli in Amalphiam. Il “Matthaei” è da identificarsi con Matteo de Gariofalo, che apparteneva ad una ricca famiglia di mercanti amalfitani, molto vicini alla famiglia Capuano. Papa Onorio III lo nominò, nel 1225, vescovo di Aversa. Egli relazionò, quindi, dopo pochi anni dall’evento e potè attingere dal cardinale stesso notizie di prima mano.
La sua Translatio, riportata in molti manoscritti, fu pubblicata nel 1656 da Andrè du Saussay, vescovo di Toul: una rarissima copia è attualmente conservata presso il Museo della Bussola e del Ducato Marinaro di Amalfi. Al tempo dell’arcivescovo Filippo Augustariccio (1266-1293) di tale cronaca fu fatta una rielaborazione di cui però non se ne conosce l’autore: fu ritrovata in un manoscritto del XVI secolo, custodito presso l’archivio del marchese Amati di Napoli. Venuto in possesso di Matteo Camera, fu da lui affidato al Riant, che la pubblicò. Il testo fu steso certamente prima del 1281, anno in cui l’Augustariccio istituì la “festa degli alberi”, rievocazione storica della traslazione che infatti non viene qui menzionata.
Sia la Translatio del de Gariofalo che la rielaborazione sono dunque testi autorevoli , stesi nello stesso secolo dell’evento. Quest’ultima descrive la partenza da Costantinopoli: il Capuano fu accompagnato alle navi da una folla devota di fedeli, che lo seguivano per rendergli omaggio, mentre egli benediceva. Recava con sé, “in bauli racchiusi e sigillati” le numerose Reliquie, autentici “tesori celesti” che aveva raccolto durante la sua legazione anche in Siria e in Romania. Tra queste le spoglie mortali dell’Apostolo Andrea.
Per il trasporto fu allestita una piccola flotta composta da ben nove galee che dovette subire infauste condizioni climatiche con il mare in tempesta e violenti nubifragi: dopo aver veleggiato verso la Siria, giunsero infine a Gaeta dove il Capuano inviò in patria i suoi bauli sigillati. Molte reliquie furono donate inoltre ad altre chiese della Campania, come le cattedrali di Capua, Napoli, Sorrento e la stessa Gaeta, nonchè a chiese francesi come Notre-Dame di Parigi, St. Denis, la cattedrale di Langres, alle quale Pietro Capuano era legato sin dal tempo dei suoi studi. Giunti ad Amalfi, dovevano essere consegnati all’arcivescovo Matteo Costantini de Capua (1202-1215) il quale ne ignorava totalmente il contenuto. Il Capuano, dopo aver conferito con papa Innocenzo III, partecipò alle solenne celebrazioni della Pasqua del 1207 e in seguito partì per Amalfi, richiamato dai suoi concittadini alle prese con ataviche lotte intestine.
La sua prima preoccupazione fu quella di trovare un posto degno per le Reliquie dell’Apostolo: fece costruire a sue spese il transetto e la cripta e l’8 maggio del 1208 fu finalmente in grado di consegnarle alla Chiesa amalfitana. Furono deposte nella cripta, ma prima di “sotterrarle”, aprì l’urna argentea che le custodiva e mostrò al popolo tripudiante “il capo e le altre ossa”. L’urna era stata custodita fino a quel momento a Conca dei Marini dove, nella notte tra il 7 e l’8 maggio, si vegliarono in preghiera le sacre spoglie che furono portate l’indomani ad Amalfi per mare. Ad accoglierle, un popolo in festa, una città adornata con drappi variopinti ed una pioggia di fiori. L’urna fu portata a spalla dal Capuano e da altri tre vescovi che si mossero verso la cattedrale a piedi nudi, tra i canti del popolo. In cattedrale il Cardinale, che era fornito di spiccate doti oratorie, infiammò i cuori e finalmente “Andrea eleggeva Amalfi per sua dimora”.
Il Capuano, prima di deporre le sacra spoglie, compì un’operazione occulta, che a distanza di secoli comprendiamo pienamente: tutti in quei tempi andavano a caccia di reliquie, il periodo storico viveva un’epoca di transizione e l’Oriente poteva anche rivendicarne il possesso. Ne raccolse alcune in un’urna di marmo, tra le quali la Reliquia del Capo, e le sotterrò in un luogo conosciuto da pochi; le altre le affidò alla pubblica venerazione, ma sotto l’altare maggiore, in profondità.
Fin da subito le spoglie mortali di Andrea fecero gola a molti: anche a papa Onorio III (1216-1227) a cui non furono consegnate motivando il diniego con la morte di tutti quelli che avevano seppellito il corpo del Santo. Effettivamente in seguito la memoria del luogo fu smarrita.
L’urna fu ritrovata solo il 2 gennaio del 1603, durante i lavori della trasformazione barocca della cripta, ma venne riseppellita, con tanto di documento di ricognizione, perché allora il flagello delle incursioni saracene sulla Costa Amalfitana era ancora ben vivo e non consentiva di esporre le reliquie dei santi alla pubblica venerazione. Nella notte tra il 28 ed il 29 gennaio del 1846, durante i lavori di rifacimento di parte del pavimento, l’urna ritornò ancora una volta alla luce e da allora è esposta alla venerazione dei fedeli.
(testi del Centro di Cultura e Storia Amalfitana – diritti riservati)