Cotenne, tracchiulelle, lasagne e maccheroni ‘e puorco
Ancora Carnevale: cotenne, tracchiulelle, lasagne e maccheroni ‘e puorco
Facciamoci due chiacchere
dagli scritti di Ezio Falcone
Febbraio ci avverte che l’inverno sta per finire, ma le giornate ancora molto fredde ci trattengono a lungo tra le mura ben riscaldate di casa. A tavola si continua con le pietanze invernali: minestre, legumi, frittatine e frittelle dolci. E’ il mese nel quale si festeggia il carnevale in ricordo delle feste celebrate nell’antica Roma in onore di Saturno. Durante queste celebrazioni il mondo romano si abbandonava a banchetti orgiastici e lasciava grande libertà ai servi, ai quali gli stessi padroni preparavano la mensa.
Più vicino nel tempo il carnevale salernitano si annunziava fino a qualche decennio fà già a metà gennaio in occasione della festività di S. Antonio abate patrono degli animali domestici. Una folla di ragazzi partecipava di buon ora alla benedizione dei piccoli animali che per l’occasione venivano “annoccati“.
La funzione si svolgeva davanti alla chiesa del Santo di fronte al vecchio Municipio. Di sera nelle piazze della città si accendevano i falò detti ” ‘e vampe” alimentati da rottami di legna provenienti da vecchi tavoli e sedie che gli abitanti del rione raccoglievano nei giorni precedenti alla ricorrenza girando per le strade suonando campanelli al grido “Sant’Antuone, maschere e suone”. Attorno alle “vampe” si raccoglieva il popolo del rione che intrecciava tarantelle e intonava canti popolari.
A tavola il carnevale salernitano non conosceva differenza di classe ed i piatti consumati erano gli stessi per ricchi e poveri. Le pietanze risentivano delle abitudini alimentari lasciate nella zona da Longobardi e Normanni che più dei loro predecessori addomesticarono il maiale per permettersi “l’ambita coscia”. Addirittura chi non poteva permettersela, tentava di rubarla e pare che proprio questo fosse uno scherzo diffusissimo nel Medioevo nonostante le pene severissime.
Con il Rinascimento la rosea carne dell’animale conquistava anche il ripieno delle paste e continuava a troneggiare sulle tavolate imbandite del giovedì murzillo in “lasagnoni“. La loro preparazione era lunga ed elaborata a causa del ragù che doveva addensarsi lentamente in modo che il pezzo di cularda , gli involtini di cotenna e le tracchiulelle cedessero al sugo sapore e profumo. La lasagna si alternava nella settimana di carnevale con i “maccaruni ‘e puorco“. Questi si preparavano con la polenta di granturco lessata, raffreddata poi tagliata a listarelle messe in una teglia da forno alternate con ragù di maiale e castrato, pezzetti di mozzarella, salsiccia, pezzetti di uova sode e pepe e si passava per il forno fino a lieve doratura della superficie.
I dolci dei festeggiamenti erano e sono il sanguinaccio e le lagane dolci, queste ultime, ribattezzate con il nome di “chiacchiere” resistono da secoli. Queste lasagne dolci si friggevano in strutto e si cospargevano di miele e pepe macinato. Erano il dolce più tipico durante i Saturnalia quando gli antichi romani impazzivano in orge e scherzi, in ricordo dell’età dell’oro amministrata dal dio Saturno.
CHIACCHIERE
Ingredienti:
farina g.240, burro o sugna g.20, zucchero g.20, uova n.2,sale:un pizzico, acquavite o liquore (Strega,limoncello) cl.3, olio di oliva per friggere q.b., zucchero a velo g.150, miele g.100.-
Procedimento:
Impastare la farina con le uova, lo zucchero il burro,l’acquavite ed il pizzico di sale. Lavorare con forza fino ad ottenere una pasta liscia e consistente. Dividere l’impasto in quattro parti e spianare in pettole sottilissime. Tagliare in pezzi larghi 2 cm. e lunghi quanto il diametro della padella. Friggere in olio fumante le lagane dolci rigirandole dopo pochi secondi. Spolverizzare di zucchero a velo e far cadere sulle frittelle gocce di miele caldo.
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