Educhiamoci alla custodia del Creato

di - del 17 Settembre 2014 © diritti riservati

sole Il primo settembre si è celebrata “la 9a giornata per la salvaguardia del Creato“. La CEI (Conferenza Episcopale Italia), come ogni anno ha stilato un documento pastorale affidato a due commissioni, dal titolo “Educare alla custodia del creato, per la salute dei nostri paesi e delle nostre città”.

La riflessione nasce da tre considerazioni fondamentali:

  1. La priorità dell’impegno culturale.
  2. La custodia della terra ci chiede di amarla, vigilando con matura consapevolezza.
  3. La terra ci appartiene.

Il messaggio che ne consegue s’ispira a due citazioni una del Profeta Osea (Os 4,2-3); l’altra di Papa Francesco che a proposito della salvaguardi del Creato scrive: “Come esseri umani, non siamo meri beneficiari, ma custodi delle altre creature. Mediante la nostra realtà corporea, Dio ci ha tanto strettamente uniti al mondo che ci circonda che la desertificazione del suolo è come una malattia per ciascuno e possiamo lamentare l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione! Non lasciamo che al nostro passaggio rimangano segni di distruzione e di morte che colpiscono la nostra vita e le future generazioni” (Evangelii gaudium 215).

Due  profonde considerazioni che tracciano il cammino da seguire nel prendere coscienza di quanto “il degrado sia particolarmente evidente, dove questa rottura dell’alleanza primitiva diventa devastante.  Anzi, spesso il degrado esterno manifesta la corruzione interiore del cuore e dei valori fondativi della vita.

Insomma il documento “Educare alla custodia del Creato” invita ad una maggiore attenzione a vaste aree del pianeta per le quali l’inquinamento si fa sempre più pervasivo in nome di attività produttive irrispettose del territorio circostante, alimentate dalla sete di profitto che avvelena, che fa violenza al territorio, sempre più spesso fonte di malattia per il corpo: i tumori tanto per citarne una.
scorcio di cielo Costiera AmalfitanaLa sorpresa maggiore in tanta indifferenza è  il senso di una violenza contro il territorio, che talvolta è mistificata in altre addirittura giustificata.

Nel documento CEI non sono usati i mezzi termini, ma in un processo che chiede tempi lunghi per giungere alla consapevolezza  di quanti veleni sono sparsi in Terra, usa espressioni forti, che stigmatizzano simili atteggiamenti come: “Atteggiamenti criminali.”

A contrario, se la coscienza davanti a simili comportamenti matura lentamente, coloro che si donano, con dedizione alla salvaguardia del Creato, sono definiti dei veri e propri “eroi per dedizione” nell’immolarsi, nel creare e diffondere una adeguata coscienza riguardo alla gravità del problema.

Il punto nodale di atteggiamenti contrapposti stridono al verificarsi di sciagure, disastri, drammi che si materializzano nelle “bombe d’acqua, alluvioni, smottamenti… in cui l’emotività che ne consegue per lo più è superficiale, non matura una coscienza che faccia riflettere, che predisponga l’animo ad un cambiamento, alla comprensione di certuni fenomeni così devastanti: piuttosto,  spesso “Restiamo addolorati ma poco riflettiamo“.

In questo stato di cose, quale potrebbe essere la chiave di lettura nel preservare il “Giardino donatoci da Dio“, il Creato?

Custodire, è senza dubbio il punto di partenza, l’esortazione che anche il Papa racchiude in queste parole: “La vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani perché ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo”.

Sentiero degli Dei PositanoInsomma nel documento CEI per la 9a giornata per la salvaguardia del Creato, quel che emerge chiaro è la spinta ad maturazione di una coscienza ecologica viva tra i giovani nel concretizzare, con l’impegno di tutti, quella “conversione ecologica” che spinge a ritrovare il gusto per la bellezza della terra e lo stupore davanti alle sue meraviglie. A maturare la capacità critica nel cogliere le ingiustizie di un modello di sviluppo che non rispetta l’ambiente, ma che anzi lo soggioga al profitto.
“Abbiamo cioè bisogno di un’economia capace di generare lavoro senza violare la terra, valorizzandola piuttosto come ricchezza produttiva e come crescita sociale.

Da qui la posizione senza equivoci nel denunciare chi viola l’armonia del Creato, facendosi sentinelle, coraggiose nel preservare, nel diffondere una cultura preventiva per la salvaguardia, ponendosi con spirito ecumenico, in un processo collettivo, nazionale, mondiale, nel riparare le ferite già inflitte.

In questo modo, facendo rete, comunità, potremmo comprendere appieno il senso del Creato ed il rispetto reciproco che merita ed indirettamente si estende a quanti lo abitano, nella speranza che una ritrovata etica civile spinga ad una maggiore consapevolezza, e i disastri, i sacrifici di vite umane che spesso si accompagnano ai “disastri creati dall’uomo“, non restino superficiale emozione del momento.

 

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