I canti del Venerdì Santo ad Amalfi

di - del 15 Aprile 2014 © diritti riservati

venerdì santoLa Settimana Santa trova la sua massima espressione il Venerdì Santo durante la Processione di Gesù Morto.

Tutt’intorno c’è buio e silenzio, il cuore si gela alla vista del Corpo martoriato di Gesù e quando il Coro intona:  “Sento l’amaro pianto della dolente Madre, che gira tra le squadre in cerca del suo Ben. Sento l’amato Figlio che dice: O Madre addio, più fier del dolor mio il tuo mi passa il sen”,  lacrime solcano i nostri volti.

I versetti accorati, tramandati di padre in figlio, s’innalzano al cielo e la folla dei fedeli è  presa da sincera commozione.  La Madre soffre, il Figlio soffre, ma questa sofferenza rivela l’Amore di Dio per noi. Chi è capace di Amare, è  capace anche di soffrire per amore, è sensibile al dolore altrui.

Ancora più straziante è il dolore della Vergine quando lascia il corpo del suo Signore al Sepolcro: “Veder l’orrenda morte del suo Signor non vuole, onde si copre il sole e mostra il suo dolor. Trema commosso il mondo, il sacro vel si spezza…. Piangon di tenerezza i duri sassi…”

venerdì santo amalfi 1Il testo di questo canto riprende il tema della preghiera “Dal tuo stellato soglio” del Mosè di Rossini e rendono bene la pietosa scena del Cristo Morto. Anche le dure pietre s’inteneriscono davanti al dolore della Vergine;  il sole si copre e tutta la terra trema…. il mondo si ferma! Ci troviamo di fronte ad un Uomo morto e la sua Mamma in lacrime. Sono Dio e la Vergine. Non c’è dolore più grande per una Madre della morte di suo figlio. Ma la tomba non deve far paura, perche’ oltre alla tomba la Vita si chiamerà  ancora Vita, in un corpo glorificato.

Questi due brani sono bellissimi e rappresentano quanto  c’e’ di meglio nella tradizione popolare dei nostri paesi. I testi provengono dalla “Via Crucis” del poeta Pietro Metastasi ( un grande della letteratura italiana vissuto nel 1700), scritti per descrivere la passione e morte del Cristo.

Della musica, invece, esistono varie versioni; una di esse pare sia attribuita ad un maestro dell’800, Giacomo Tirabassi, padre del musicologo amalfitano Antonio.

 

( a cura di Lella Avossa)

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