Il castrum bizantino, dalla fine del VI secolo all’839
Amalfi viene menzionata per la prima volta, intorno al 600, in una lettera di papa Gregorio Magno.
I Longobardi si erano allora già spinti fino in Calabria ed avevano più volte assediato Napoli. Per sostenere i loro attacchi i Bizantini, in collaborazione con la Chiesa romana, avevano costruito un sistema difensivo imperniato su capisaldi fortificati: i castelli esistenti furono consolidati e ne vennero costruiti di nuovi, fra cui uno sulla costa di Amalfi.
Ogni castello era presidiato da una guarnigione, ma alla sua difesa era chiamata a contribuire, in caso di necessità, anche la popolazione locale. Al Papa era stato rivelato che il vescovo Pimenius di Amalfi non ottemperava all’obbligo di residenza, dando così un cattivo esempio agli abitanti della costa, i quali ugualmente evitavano di risiedere nel castrum: a tal fine, nel 596, Gregorio invitò il rettore del patrimonium papale in Campania ad indurre il vescovo a fare ritorno nella sua sede e, se necessario, a tenervelo rinchiuso in un convento.
Il castello, poco gradito quale luogo di residenza, è menzionato col nome di kastron Amalphes in un’opera del geografo bizantino Giorgio di Cipro, scritta tra il 591 ed il 603. Non è noto quando Amalfi sia stata elevata a sede vescovile; le vicine diocesi di Sorrento, Stabia, Nocera e Salerno risultano comunque tutte già costituite nel V secolo.
Dopo queste prime notizie la storia di Amalfi per quasi due secoli torna ad essere avvolta dal buio più fitto. Una menzione nelle Geographica Guidonis non è attribuibile con certezza all’inizio del VII secolo. Priva di valore è inoltre la notizia riferita dal monaco Benedetto del Soratte, secondo cui al tempo del duca Romualdo I di Benevento (morto nel 687) i Saraceni si sarebbero abbattuti su Amalfi come cavallette, invertendo erroneamente le incursioni saracene avvenute poi effettivamente nel sec. IX.
In un excursus storico si racconta, a proposito del primo imperatore iconoclasta Leone III, che egli prima dell’ascesa al trono era stato mandato dal suo predecessore Teodosio III (715-17) con una flotta di 120 dromoni in Campania, dove aveva riportato una vittoria su Napoli e Amalfi.
Grazie alla sua posizione geografica Amalfi ha molto probabilmente resistito all’assalto dei Longobardi di Benevento, che fra il 625 e il 649 con la conquista di Salerno raggiunsero il mare, e non pochi abitanti dei territori conquistati dovettero allora trovare rifugio sulla costa di Amalfi.
Non potendo espandersi verso l’interno, gli Amalfitani si videro allora costretti a ricercare nel commercio marittimo la loro fonte di vita.
Il castrum di Amalfi era il caposaldo più meridionale del territorio costiero della Campania rimasto nelle mani dei Bizantini e che formava il ducato di Napoli. Al nord, Gaeta era una vera e propria enclave circondata dal patrimonium papale. Napoli era la sede del dux o magister militum, scelto, a partire dal 755, fra l’aristocrazia locale; egli riuniva nelle sue mani i poteri civili e militari ed era sottoposto allo stratega di Siracusa in Sicilia. Il dominio bizantino era ridotto nel resto dell’Italia meridionale ad alcuni territori residui nella Calabria del sud ed in Terra d’Otranto.
Alla fine del sec. VIII il nome di Amalfi appare di nuovo nella corrispondenza papale. Nel 785 infatti Papa Adriano informa Carlo Magno che il principe Arechi II di Benevento era penetrato nel territorio amalfitano ed aveva messo a ferro e a fuoco gli habitacula degli Amalfitani che risiedevano fuori del castrum.
Evidentemente erano state le contese di confine, in questa zona di frontiera tra i territori bizantini e quelli longobardi, il motivo occasionale dell’intervento di Arechi, il quale dopo la caduta della dinastia longobarda che regnava nell’Italia settentrionale aveva assunto il titolo di princeps gentis Langobardorum ed aveva scelto Salerno come sua residenza. Poiché il duca di Napoli venne in aiuto degli Amalfitani, i Longobardi poterono essere respinti. Quando però due anni più tardi Carlo Magno si volse contro i Longobardi di Benevento, questi si accordarono rapidamente con i Napoletani, sicchè Papa Adriano all’inizio del 788 – Arechi nel frattempo era morto – potè mettere in giro la voce che i Beneventani, assieme a rappresentanti di Napoli, Sorrento ed Amalfi, avevano organizzato un complotto per assassinare gli ambasciatori franchi.
(Fine prima parte…continua)
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