Il governo dei conti e dei prefetti (839 – 898) – II parte
Nei rapporti con Salerno era sopravvenuto nel frattempo un cambiamento.
Dall’861 regnava nel limitrofo Stato longobardo il principe Guaiferio, che era pervenuto al potere con l’aiuto dei Capuani ed aveva deposto Ademario, il vecchio avversario del prefetto Marino; egli inoltre aveva dato una sua figlia in moglie al figlio e coreggente dello stesso Marino, Pulchari.
Così, allorchè Salerno nell’871-72 fu assediata per dieci mesi per terra e per mare da un esercito saraceno allestito dall’emiro di Kairuan, il prefetto amalfitano, non tenendo conto dei suoi buoni rapporti con i Saraceni, fece entrare segretamente dei viveri nella città assediata.
Allo stesso modo, nella guerra che scoppiò nell’879 per la successione alla contea di Capua e nella quale intervennero quasi tutti gli Stati limitrofi, Pulchari si schierò dalla parte del suocero e, sebbene papa Giovanni VIII lo invitasse ad astenersi da qualsiasi ostilità nei confronti di Pandenolfo di Capua e gli ricordasse i rapporti intercorsi fra suo padre Marino e il padre di Pandenolfo, nell’estate dell’880 contingenti amalfitani presero parte all’assedio di Capua, che terminò però con un armistizio ed il ritiro dell’esercito assediante. Anche nell’882 gli Amalfitani risultano impegnati in combattimenti nei pressi di Capua.
Fino alla fine del IX secolo non ci sono più notizie di fonti contemporanee sui rapporti di Amalfi con gli Stati vicini. Dopo l’839 gli Amalfitani erano usciti per la prima volta dalla difensiva nei confronti dei Longobardi ed avevano agito di loro iniziativa. Ne fu premessa decisiva la debolezza interna dello Stato longobardo, che si era spaccato in due principati; inoltre Capua si rivelò ben presto per Salerno un pericoloso avversario, circostanza, questa, che Amalfi seppe di tanto in tanto ben sfruttare.
Anche nei riguardi di Napoli gli Amalfitani raggiunsero ben presto ampia libertà, ed occasionali interventi dei Napoletani non poterono ormai cambiare più la situazione.
Nella scelta dei loro governanti essi erano pertanto sostanzialmente autonomi, anche se poi lo sviluppo politico interno portò ad una concentrazione del potere nelle mani di singoli prefetti.
I figli di Marino sposarono donne delle dinastie regnanti nei vicini Stati longobardi, e questi matrimoni sono una spia dei sempre mutevoli rapporti politici esistenti tra le piccole formazioni politiche della Campania altomedievale. Come piccola potenza marittima Amalfi giocò, al di là dell’ambito locale, un certo ruolo nella difesa contro i Saraceni. Questi, allorchè ebbero messo piede in Sicilia, poterono contare su una base di partenza per le loro scorrerie sulle coste del continente. Lo stratega bizantino di Siracusa non era in condizione di prendere iniziative per la protezione delle regioni minacciate.
A ciò si aggiungeva il fatto che i potentati locali impiegavano senza tanti scrupoli nelle loro guerre i Saraceni di Sicilia contro truppe ausiliarie, come, ad esempio, i Napoletani contro Sicardo di Benevento e poi i Longobardi nelle loro lotte interne per la successione di Sicardo, il che ebbe per conseguenza che i Saraceni cominciarono ben presto ad agire autonomamente e, partendo da basi ben munite, sparsero il terrore nell’entroterra beneventano.
Quando però nell’846 navi arabe si spinsero fino all’isola di Ponza, il duca di Napoli si decise a passare alla controffensiva. Una flotta formata da navi di Amalfi, Gaeta e Sorrento conseguì alcuni successi, ma in quello stesso anno i Saraceni sbarcarono ugualmente ad Ostia e saccheggiarono i dintorni di Roma. Il figlio del duca di Napoli, Cesario, fece appena in tempo a condurre a Gaeta una squadra di Napoli e Amalfi per raccogliere i superstiti del contingente franco sconfitto e prevenire, entrando con la sua flotta nel porto, l’incombente conquista della città.
Tre anni più tardi Roma si trovò di nuovo di fronte ad un grande attacco saraceno, ma questa volta una squadra amalfitana, assieme a navi di Napoli e di Gaeta, davanti ad Ostia sbarrò la strada alla flotta saracena proveniente dalla Sardegna. Alla vigilia della battaglia papa Leone IV salutò l’esercito cristiano ad Ostia e celebrò una messa. Gli alleati, al comando di Cesario, riportarono una splendida vittoria, grazie soprattutto ad una tempesta.
Se le città marittime della Campania erano in grado di difendere, anche senza l’aiuto di Bisanzio, i territori costieri e lo Stato della Chiesa, al contrario i territori longobardi erano esposti alle incursioni dei Saraceni, i quali controllavano vaste aree della Puglia. Questa situazione insostenibile indusse l’Imperatore franco ad un intervento militare nell’866.
Ludovico II aveva intenzione di puntare su Bari, che era diventato il centro di un emiro arabo indipendente, ma si diresse prima verso ovest per assicurarsi della fedeltà degli Stati campani e, andando da Salerno a Pozzuoli, si fermò nel settembre o nell’ottobre di quell’anno anche ad Amalfi. E’ questa l’unica volta che un imperatore d’Occidente si sia fermato nella città marinara: Ottone II, infatti, incontrerà nel 981-82 il duca amalfitano Mansone I a Salerno e non ad Amalfi.
Quattro anni più tardi il prefetto Marino, che giunse al potere all’incirca nell’867 per un periodo abbastanza lungo, appoggiò la causa dell’imperatore franco, liberando come si è visto, Atanasio di Napoli.
Nell’870 Ludovico II giunse finalmente davanti alle mura di Bari, da dove scrisse una lettera all’imperatore di Costantinopoli nella quale si lamentava dei buoni rapporti del duca di Napoli con i Saraceni, chiamando la Napoli di Sergio II una seconda Palermo. Gli Amalfitani invece si scontrarono più volte in questi anni con i pirati arabi e soprattutto con le unità saracene al servizio di Sergio II. Papa Giovanni VIII chiese inoltre nell’872-73 al prefetto di Amalfi di mandare truppe per stanare dai loro nascondigli sul monte Circeo un gruppo di 40 Saraceni scampati ad un combattimento navale. Da un’altra lettera del papa si può rilevare che gli Amalfitani liberarono dalle mani dei Saraceni il signore di Gaeta.
Indipendentemente però da queste spedizioni, Amalfi intratteneva intensi rapporti commerciali con gli Arabi del Nordafrica. DalChronicon Salernitanum sappiamo di un commerciante amalfitano di nome Flurus, che faceva la spola tra Amalfi ed il Nordafrica e che avrebbe portato a Salerno il messaggio di un arabo il quale voleva informare il principe Guaiferio di un imminente attacco dell’emiro di Kairuan. Questa è considerata la più antica testimonianza sui rapporti commerciali di Amalfi con il Nordafrica.
Durante l’assedio di Salerno dell’871-72 Amalfi infatti non fu molestata. (II – continua).
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