Il ritrovamento del capo di S. Andrea
Si pubblica riveduto e corretto l’articolo apparso lo scorso anno in occasione del 28 gennaio, memoria del ritrovamento del capo di S. Andrea.
Le reliquie del corpo di S. Andrea furono portate ad Amalfi l’8 maggio 1208 dal cardinale Pietro Capuano, legato pontificio al seguito della quarta crociata. Grazie al suo ruolo riuscì a venire in possesso dei sacri resti custoditi a Costantinopoli nella chiesa dei SS. Apostoli.
Non tutte furono collocate sotto l’altare maggiore della cripta. Alcune, tra cui il capo, vennero nascoste in un luogo segreto per evitare furti o richieste di restituzione.
Le reliquie nascoste furono portate alla luce una prima volta il 2 gennaio 1603 in occasione della trasformazione barocca della cripta voluta dai re di Spagna Filippo II e Filippo III. Di fronte all’altare si decise di costruire il coretto che oggi si vede eliminando l’antica sagrestia. Furono rinvenute a 20 palmi dall’altare (5,20 metri, il palmo equivaleva a 26 cm) e 8 palmi sotto terra (2,08 metri) nella cassa di marmo che si vede in foto con l’iscrizione Corpus S. Andreae Apostoli.
Fu redatto un verbale di ritrovamento in due copie sottoscritte dall’arcivescovo Giulio Rossini, Una fu inserita nella cassa che sei giorni dopo venne di nuovo riposta nel coretto. L’altra fu conservata in archivio. Il documento si concludeva con l’invito a chiunque avesse letto di non divulgare la notizia «affinché si eviti qualche furto di un tanto tesoro».
Tuttavia il segreto non fu mantenuto. Il canonico Antonio d’Afflitto cita il ritrovamento nella sua cronaca dei vescovi del 1620, poi pubblicata nel 1724 in appendice al libro di Francesco Pansa Istoria dell’antica repubblica d’Amalfi.
Nel discorrere di Matteo Capuano (1202 – 1215), arcivescovo al tempo della traslazione, Antonio d’Afflitto scrive che il cardinale Pietro Capuano ripose metà delle reliquie sotto l’altare dove scaturisce la manna; l’altra metà con il capo nel muro del coro di fronte all’altare in un’arca marmorea coperta di un panno di seta rossa, così ritrovata nel 1608 dai muratori che costruivano la nuova cripta per ordine dei re Filippo II e III che vedeva completata nel momento in cui scriveva. (reposuit illarum medietatem subtus altare, unde divinus liquor scatet, (…) aliam vero medietatem cum capite reposuit in muro chori in cospectu altaris intus arcam marmoream serico rubeo coopertam, sic repertam in anno 1608, a muratoribus construentibus ordine Philippi II et III Sacellum, nova et regia forma, qua nunc factum videmus).
La data del 1608 è sbagliata, non risulta che la cassa fu trovata avvolta in un panno di seta rossa ma tutto il resto è esatto.
Nel 1846 si approfittò dei lavori di sostituzione del pavimento della cripta per verificare la reale presenza di parte del corpo dell’Apostolo. Si doveva costruire una volta sotto al pavimento del coretto, probabilmente per eliminare avvallamenti. Il provicario generale dell’arcidiocesi Nicola Camera avvertì di sorvegliare le operazioni di scavo in quanto l’arcivescovo Mariano Bianco gli aveva «segretamente comunicato una carta antica, da più tempo presentatale riservatissimamente», cioè il verbale del 1603.
Com’è noto lo scavo ebbe esito felice. Individuato il sito, l’urna fu estratta a porte chiuse alle sette di sera del 28 gennaio 1846.
Il provicario Nicola Camera era già stato autore di un libro su S. Andrea nel 1830 e soprattutto era fratello di Matteo Camera che all’epoca era già uno storico affermato. Questi elenca la cronaca di d’Afflitto tra le tante riguardanti la storia di Amalfi, ma riguardo al ritrovamento del capo si limita ad affermare che «un’antica e costante tradizione tramandata di generazione in generazione e di poi avvalorata dalla nuova scoperta di un pubblico documento affermava l’esistenza della testa di S. Andrea in Amalfi giacente sotterra e discosta dal rimanente corpo».
Eppure le indicazioni di d’Afflitto sono addirittura più precise.
Infatti il verbale del 1603 indica che la cassa fu ritrovata a 5,20 metri dall’altare, senza specificare dove fu riposta, lasciando intendere che fu rimessa nello stesso luogo. Ora, misurando dalla mensa 5,20 metri non si arriva al coretto ma ai banchi antistanti. E anche misurando dal gradino della balaustra si arriva in corrispondenza dell’esterno dell’arco, ben prima degli stalli.
Invece nel 1846 la cassa fu trovata in fondo al coretto, proprio nel muro del coro di fronte all’altare come riferisce il canonico d’Afflitto. Probabilmente egli vide in prima persona la scoperta.
Il capo da allora è esposto alla pubblica venerazione. La cassa di marmo fu murata nella parete della scala che conduce in cripta. Alcuni pochi frammenti furono trattenuti. Le altre ossa in una nuova cassa d’argento furono riposte lì dove furono ritrovate, in fondo al coro, dove il cardinale Pietro Capuano aveva deciso di celarle.
Fonti:
I verbali di ritrovamento del 1603 e del 1846 sono stati trascritti e pubblicati da D. Andrea Colavolpe, Amalfi e il suo Apostolo, Salerno 2001, pp. 233 ss.;
F. Pansa, Istoria dell’antica repubblica d’Amalfi, vol. I, p. 291
La notizia che le altre reliquie ritrovate nel 1846 furono rimesse sotto al coretto è in L’Apostolo S. Andrea e la Città di Amalfi, § 1, Circa la traslazione del Corpo del S. Apostolo, appendice al Sinodo De Dominicis pubblicato nel 1904, p. 190.
M. Camera, Memorie storico diplomatiche dell’antica città e ducato di Amalfi, Salerno 1876, vol. I, p. 11 e p. 393.
La cronaca dei vescovi di Antonio d’Afflitto, i quale rielabora con aggiunte una più antica cronaca di un certo Orso presbitero, è nella Biblioteca della Badia di Cava, Fondo Mansi, fascio 11a, fascicolo 16.
Letto 25414 volte
0 commenti