La dinastia del duca Sergio I (958-1073) – II parte
La presa di Salerno da parte di Mansone veniva a sconvolgere in modo assai grave la situazione politica in un momento in cui l’imperatore tedesco Ottone II arrivava nel Mezzogiorno alla testa di un esercito per invadere il catepanato.
Infatti, poiché dopo la morte di Pandolfo la situazione nei principati longobardi si era fatta per lui insicura, decise a Lucera di cambiare percorso e, come aveva fatto a suo tempo il carolingio Ludovico II, di marciare prima verso ovest.
Dopo essersi fermato a Benevento e a Napoli, dove fu ricevuto senza resistenza, si recò nel novembre del 981 a Salerno e, dopo un breve assedio, giunse ad un accordo con il signore della città, che a quei tempi è probabile che fosse Mansone.
Questi dovette riconoscere la sovranità dell’imperatore tedesco su Salerno e dare un figlio in ostaggio. Se quindi i Bizantini avevano fatto affidamento su Mansone per fermare l’avanzata dell’esercito tedesco, la loro speranza risultò ben presto vana. Restava nondimeno l’importanza, nel quadro sempre precario degli equilibri politici in Campania, della conquista di Salerno da parte del duca amalfitano.
Dopo che l’esercito tedesco fu annientato dai Saraceni a Capo Colonna, al ritorno Ottone II si fermò per la seconda volta a Salerno, dove Mansone potè mantenersi ancora per un anno circa, fino a quando cioè, nell’autunno del 983, non fu deposto da Giovanni di Spoleto, che a Salerno aveva avuto la funzione di comes palatio. Nel dicembre di quello stesso anno Ottone moriva e con lui era destinato e svanire per diversi decenni ogni influenza tedesca sulle vicende dell’Italia meridionale. Il figlio del duca di Amalfi, consegnato come ostaggio all’imperatore, rimase però ancora qualche tempo alla corte tedesca. Soltanto nel 990 Mansone ottenne, tramite la mediazione di S. Saba presso Giovanni Philagathos, ex cancelliere di Ottone e confidente dell’imperatrice, che suo figlio potesse tornare in patria.
Dopo l’abbandono di Salerno Mansone si trovò in difficoltà ad Amalfi a causa di contrasti scoppiati all’interno della sua famiglia e culminati nella presa del potere per breve tempo da parte di suo fratello Adelferio, che giunse persino a prendersi un figlio come coreggente. Quando riprese in pugno la situazione, Mansone evitò ogni gesto di rappresaglia verso il fratello ed i suoi congiunti, mostrando anzi di voler ignorare del tutto l’accaduto col far datare i documenti sulla base degli anni di governo suoi e di suo figlio, senza interruzione alcuna; ma ciò nonostante la famiglia di Adelferio preferì più tardi emigrare a Napoli.
Quando il suo dominio si fu di nuovo stabilizzato, il duca provvide a dare alla chiesa amalfitana un nuovo assetto, destinato a durare a lungo. Il 30 novembre del 986 il prete Leone, nipote di un comes di Amalfi, fu scelto come vescovo.
L’anno seguente, il 13 febbraio del 987, papa Giovanni XV lo consacrò in Laterano e gli concesse il pallium, elevando così Amalfi a sede arcivescovile analogamente a quanto era avvenuto con le capitali dei tre principati longobardi.
Allorchè Salerno nel 983 era ascesa al rango di metropoli, vi regnava ancora il duca Mansone, il che può aver fatto prospettare la possibilità di sottomettere la diocesi di Amalfi all’arcivescovo di Salerno, ma con l’ascesa di Amalfi alla dignità metropolitica veniva a cadere ogni eventuale pretesa dei Salernitani.
Nell’ambito del territorio dell’archidiocesi, che coincideva peraltro con quello del ducato, vennero erette in quello stesso anno tre nuove piccole diocesi, a Minori, a Capri e nei castellis Stabiensibus, sottoposte all’arcivescovo Leone come suffraganee. Poiché Capri era raggiungibile soltanto per mare, l’autonomia ecclesiastica dell’isola sotto un proprio vescovo aveva senz’altro una sua utilità.
La stessa cosa valeva anche per la zona dei castella nel territorium Stavianum, che era divisa dalla Costa di Amalfi dai Monti Lattari; la nuova diocesi si ampliò a spese di quella più antica di Stabia. Quanto a Minori infine, la sua erezione a sede vescovile era giustificata dalla sua tradizione religiosa, dato che custodiva le reliquie di S. Trofimena, santa protettrice di Amalfi.
(continua…)
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