La dinastia di Mansone (898 ca. – 958)
Secondo il Chronicon Amalfitanum alla fine del IX secolo si svolse un combattimento navale fra Amalfitani e Sorrentini (probabilmente un tentativo del duca di Napoli di sottomettere Amalfi), nel corso del quale fu fatto prigioniero il prefetto di Amalfi Marino.
A questi, intorno all’898, subentrò nella carica Mansone, il quale, fra il giugno ed il settembre del 900, nominò correggente il figlio Mastalo. Nell’unico documento conservato del periodo di governo di Mansone, padre e figlio compaiono nella datazione come prefetti di Amalfi.
Mansone porta anche il titolo bizantino di imperialis spatarius candidatus, ed è questa la prima volta che il governo bizantino abbia concesso un titolo aulico ad un signore di Amalfi. Rispetto quindi a Gaeta, dove la concessione del titolo di hypatos ai più ragguardevoli cittadini e più tardi soltanto al capo della città era già da tempo una prassi corrente, è con molto ritardo che risultano documentati rapporti politici diretti di Amalfi con l’impero bizantino.
Verso la fine del secolo la situazione politica dell’Italia del sud era molto mutata rispetto ai tempi di Marino e Pulchari. Il papa e l’imperatore franco erano scomparsi dalla scena; viceversa i Bizantini erano riusciti sotto Basilio I e Leone VI, della dinastia macedone, ad ottenere decisivi successi militari nell’offensiva contro gli Arabi di Sicilia e nello stesso tempo a sottrarre in Puglia ed in Calabria ampi territori al dominio diretto dei Longobardi. Con la costituzione poi del thema di Langobardia nell’891-92 fu dato ai territori pugliesi un nuovo assetto organizzativo con uno stratega residente a Bari; il territorio della Calabria settentrionale, che faceva parte del principato di Salerno, fu sottoposto allo stratega di Calabria.
In un senso più ampio il thema di Langobardia comprendeva anche i principati longobardi e le città-stato di Napoli, Gaeta, Sorrento ed Amalfi. Costantino VII Porfirogenito sottolinea nella sua opera sull’amministrazione dell’impero che questi Stati costieri erano stati da sempre sottomessi all’imperatore bizantino. Come spatarocandidato Mansone portava un titolo di rango non molto elevato, che stava tre gradi sotto il patriziato. Lo hypatos di Gaeta ed il duca di Napoli, che non portava nessun titolo, furono nominati patricii imperiales dopo la battaglia del Garigliano del 915, diventando così di pari grado dei principi di Salerno e di Capua-Benevento, che avevano ricevuto il patriziato già nell’887 e nel 909.
Come immediati confinanti dei territori bizantini, il Longobardi erano infatti oggetto di particolare attenzione da parte del governo di Costantinopoli, che ad un certo punto decise di intensificare i rapporti con Capua-Benevento, accordando nel 915 a Landolfo I una posizione di preminenza mediante la concessione del titolo di patricius anthypatus. Nell’epistolario del patriarca di Costantinopoli, Nicola I Mystikos, è conservata una lettera indirizzata al prefetto di Amalfi, Mansone o al suo successore, il quale si era rivolto al patriarca, quando questi era reggente dell’impero, per impetrare il suo aiuto nella liberazione di Amalfitani che erano caduti nelle mani dei Saraceni. Nella sua risposta il patriarca assicura di aver fatto il possibile e di aver messo a disposizione per proprio conto una libbra d’oro come riscatto.
La lettera, che come fonte storica è di valore tutto sommato abbastanza modesto, è il solo esempio pervenutoci di scambi epistolari tra Bisanzio e Amalfi. La vicenda era forse in rapporto con la spedizione del Garigliano guidata dallo stratega di Langobardia, anche se le fondi latine ignorano completamente la partecipazione degli Amalfitani all’impresa del 915, alla quale contribuirono il papa, i Bizantini, il marchese di Spoleto e tutti gli stati campani. Non è da pensare che siano stati i loro interessi commerciali ad impedire agli Amalfitani di unirsi alla lega, dal momento che si trattava di un’alleanza non contro i Saraceni in generale, ma contro una colonia autonoma, con il cui aiuto Gaeta si difendeva dalle mira espansionistiche dei Capuani.
Del resto già nel 903 gli Amalfitani avevano preso parte assieme al duca di Napoli ad una spedizione di Atenolfo I di Capua contro i Saraceni, ma essa era fallita per la strenua resistenza opposta dagli assediati e dai Gaetani loro protettori. In quegli stessi anni il santo siciliano Elia venendo da Enna si fermò ad Amalfi dove avrebbe guarito una nipote del prefetto. Nel 914 il coreggente di Mansone, Mastalo I, succedette al padre che si ritirò nel monastero di S. Benedetto a Scala. Un documento del 920 definisce nella datazione Mastalo e suo figlio Leone gloriosissimi iudices. Un anno e mezzo più tardi Mastalo appare come imperialis patricius ed il suo coreggente come protospatarius.
Ciò avveniva in un periodo in cui, a causa della rivolta pugliese del 921, venne a determinarsi fra Bisanzio e Capua-Benevento uno stato di tensione destinato in seguito ad aggravarsi sempre di più e che portò nella seconda metà degli anni venti, all’abbandono dei titoli bizantini da parte dei principi longobardi. Poiché anche la concessione del patriziato ai governanti di Napoli e Gaeta non fu rinnovata dopo il 915, Amalfi finì con l’essere nell’Italia del sud l’unico Stato il cui capo portava un titolo greco. La nomina a patricius aveva comportato per Mastalo un sensibile aumento di prestigio rispetto a suo padre.
E’ da considerare inoltre che di regola a Bisanzio si concedeva un titolo aulico soltanto ai capi di dinastie straniere: se ad Amalfi, derogando dalla prassi normale, ne veniva insignito anche il coreggente, ciò comportava l’automatico riconoscimento della sua candidatura alla successione.
Anche dal punto di vista della situazione politica interna della città la concessione di questo titolo deve aver avuto per Mastalo un notevole valore, dato che contribuiva a legittimare il dominio della sua famiglia. Il coreggente Leone fu comunque ben presto sostituito dal fratello Giovanni, dopo che Mastalo ebbe governato per un certo tempo da solo. Questi tra il 940 ed il 946 potè ottenere anche per il suo secondo coreggente un titolo bizantino e questa volta addirittura il patriziato, sicchè il coreggente fu elevato allo stesso grado del padre.
Entrambi figurano nella datazione dei documenti soltanto come imperiales patricii, dato che già da tempo Mastalo aveva rinunciato ai titoli di prefecturius o iudex. Va anche notato che ad Amalfi si faceva sempre riferimento, per la datazione dei documenti, agli anni di governo dei capi locali e mai fu praticato un computo secondo gli anni di governo degli imperatori greci, come avveniva a Napoli, a Gaeta e talvolta anche nei principati longobardi. Al 944 risale la prima testimonianza sulla presenza di Amalfitani nella capitale dell’impero bizantino.
Secondo una notizia riferita da Liutprando da Cremona, Amalfitani, Romani e Gaetani appoggiarono il legittimo imperatore Costantino VII Porfirogenito allorchè i figli di Romani I costrinsero il padre all’abdicazione, cercando di escludere Costantino dalla successione. Nel Chronicon Salernitanum si racconta di un intervento militare di Mastalo I a favore di Salerno nel 946. Qui era appena arrivato al potere Gisulfo I, contro il quale Landolfo II di Capua-Benevento aveva stretto un’alleanza col duca Giovanni III di Napoli.
Il giovane principe, per sbarrare la strada all’esercito nemico, piantò il campo a Cava, ma l’arrivo delle truppe inviate in suo aiuto da Mastalo indusse gli assalitori a ritirarsi ed a rinunciare all’impresa. Il governo di Mastalo I fu eccezionalmente lungo, il che non impedì tuttavia che nel regolare la sua successione incontrasse delle difficoltà. Suo figlio Giovanni, che era subentrato alla reggenza al fratello Leone, si ritirò prima del tempo per cui, dopo circa 36 anni di governo, Mastalo nominò come coreggente e successore, nel 949-50 un suo omonimo nipote, Mastalo II, figlio di Giovanni e che governò insieme a sua madre Androsa.
Quando questi però dopo circa quattro anni raccolse la successione, era probabilmente ancora minorenne, cosa questa che può avere facilitato la sua caduta nel 958. A differenze dei suoi predecessori, Mastalo II non portò come coreggente nessun titolo bizantino e non gliene furono concessi neanche durante i quattro anni del suo governo.
Siccome padre e nonno si definivano nella datazione dei documenti soltanto imperiales patricii, si doveva ricorrere per Mastalo II al vecchio titolo di prefecturius o iudex, oppure cercarne uno nuovo.
Fu preferita la seconda possibilità e si scelse il titolo che per secoli era stato riservato al duca di Napoli e che soltanto nella prima metà del X secolo era stato assunto dallo hypatos di Gaeta; così in un documento del 957 Mastalo II viene definito gloriosus dux.
Il reggitore di Amalfi era dunque pari anche nel titolo a quelli di Napoli e Gaeta (nella foto, nella selezione in giallo, è evidenziato il quartiere amalfitano a Costantinopoli).
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