La Domenica delle Palme, dalle omelie di Paolo VI

di - del 29 Marzo 2015 © diritti riservati

Domenica delle PalmeFratelli e Figli carissimi!

Procuriamo di comprendere. Perché siamo qua convocati? Perché è la «Domenica delle Palme». E che cosa vuol dire «Domenica delle Palme»? Vuol dire che oggi il pensiero della Chiesa è molto interessato a ricordare, a rievocare un fatto nella vita di Gesù molto importante; così importante che riguarda anche noi. Fate attenzione: non si tratta soltanto di un rito commemorativo; cioè di una memoria celebrata per ricordare un episodio della storia evangelica. Lo ricordate l’episodio.

Gesù è a Betania, a pochi chilometri da Gerusalemme. A Betania Gesù aveva risuscitato Lazzaro, fatto questo che aveva commosso il popolo; la notizia aveva prodotto grande meraviglia; e la gente era accorsa per vedere non solo Gesti, ma per vedere altresì Lazzaro, il risuscitato. Vi era una grande folla, anche perché era vicina la Pasqua ebraica, la ricorrenza annuale in cui da tutta la Palestina accorreva gente a Gerusalemme. Vi era dappertutto grande eccitazione e fervore nella moltitudine; e vi era grande rabbia nei Capi giudaici, tanto che fino da questo momento pensavano come uccidere non solo Gesù, ma anche Lazzaro per reprimere la popolarità che si era fatta intorno a Gesù stesso (Io. 12, 10-11). Voi sapete il resto: Gesù, a Bethfage prima di entrare in Gerusalemme, monta sopra un asinello, e si avvia verso la città, e l’entusiasmo del popolo non si contiene più, e scoppia in applausi; in applausi espressi da acclamazioni speciali: Hosanna! cioè evviva al Figlio di David! benedetto Colui che viene nel nome del Signore! e va agitando le palme, cioè rami strappati dagli alberi, operazione questa che caratterizza la scena, e che per l’entusiasmo dei giovani e dei fanciulli si prolungò accompagnando essi Gesù fino al Tempio, con grande indignazione dei nemici di Lui, che prese alla fine le difese di quella turba giovanile: «Sì, disse allora il Maestro, dalla bocca di bambini è scaturita la lode», come Davide, in un suo salmo, aveva predetto (Ps. 8, 3).

Quale significato aveva questa accoglienza fatta a Gesù dal popolo di Gerusalemme e dalla gente del Paese affluita nella città? Aveva un significato specialissimo, quello di riconoscere in Gesù il Messia. E che voleva dire allora questo titolo di Messia? Messia voleva dire una persona consacrata rappresentante di Dio, il Cristo, cioè uno rivestito di dignità sacerdotale e regale, un personaggio in cui erano realizzate le speranze profetiche del Popolo ebraico, colui che avrebbe compiuto in se stesso la figura del Re ideale, liberatore dalla dominazione straniera e assertore della gloria e dei destini superlativi a cui Israele era misteriosamente destinato (Cfr. Io. 1, 41; 4, 25). Era un titolo ancora dal significato impreciso, ma che ai giorni di Gesù dominava le fantasie e gli spiriti impazienti e fiduciosi che il suo tempo era venuto (Cfr. Matth. 24, 23). Era il titolo della speranza escatologica, cioè finale per Israele, per il Popolo eletto.

L’episodio delle palme segna perciò nel Vangelo un momento risolutivo, d’una importanza straordinaria: Gesù è riconosciuto, è proclamato Messia; è acclamato come il Cristo, tanto atteso, tanto amato. Ormai la vita, la storia, la sorte d’Israele non avrà più senso che in Lui. Gesù di Nazareth (Cfr. G. RICCIOTTI, Vita di Gesù Cristo, p. 606, n. 505).

Ecco allora il senso, il valore di questa nostra solennità liturgica. Noi riconosciamo in Gesù di Nazareth il Messia, cioè il Cristo. Questa celebrazione significa per noi un grande atto di fede. Noi accettiamo, anzi noi esaltiamo il Messia, il Messia! Il Cristo salvatore, nell’umile Gesù, che nacque a Betlemme, che fino ai trenta anni visse a Nazareth come modesto artigiano, e che poi fu presentato e battezzato da Giovanni al Giordano, e cominciò a predicare il Regno di Dio, a fare miracoli strepitosi (come la moltiplicazione dei pani), a diffondere messaggi straordinari (pensate al discorso delle beatitudini), a risuscitare perfino i morti (pensate alla risurrezione di Lazzaro). Gesù è il Messia, è il Cristo, è il Re inviato da Dio, è il Figlio dell’uomo ed è il Figlio di Dio. La sua definizione è raggiunta! Quale sarà il seguito di questa certezza vedremo successivamente; il dramma messianico, nel suo aspetto pubblico universale e drammatico comincia qui: Gesù è il Cristo.

Cominciò per i contemporanei di Gesù. Comincia per noi, con una formidabile domanda: noi, noi riconosciamo in quel Gesù di Nazareth, del Vangelo, il Messia, il Cristo, il Re divino, il dominatore della storia, il Salvatore perenne, Colui che ha detto: «Io sarò con voi tutti (presente ed invisibile, ma vivo e reale), sino alla fine del mondo»? (Matth. 28, 20) Ecco l’importanza per noi, figli del secolo ventesimo, per noi Romani, per ciascuno di noi, personalmente, del rito che stiamo compiendo: riconosciamo noi, riconoscete voi in Gesù il Messia, l’inviato da Dio, anzi il Verbo di Dio fatto uomo, che si mette al centro della nostra vita, al cardine dei nostri destini? Lo riconosciamo?

Ecco: la questione ci investe come un uragano. La memoria del fatto evangelico diventa attualità. Lo riconosciamo quel Gesù come l’arbitro delle nostre sorti? Abbiamo paura? Noi vediamo molte assenze! perché? che cosa sarà di tanti assenti? Noi vediamo molti pavidi, timidi, opportunisti: perché, dicono, esporsi al pericolo che l’essere cristiani comporta? V’è chi suggerisce: fuggi, che è meglio! Noi sappiamo che altri, e non pochi, sono guidati da interessi immediati: piacere, possedere, vivere senza pensieri superiori: vite senza ideali, esaltate e divorate dal tempo che passa!

E voi, Figli carissimi, voi che dite? Oh! noi vi vediamo con la palma in mano, col ramo primaverile dell’ulivo in mano, pronti ad agitarlo con gesto festivo, che dice: noi siamo presenti! Siete presenti, giovani? avete scoperta la vostra ora messianica? avete capito che la soluzione vera della vita è quella offerta dal Vangelo, dalla Chiesa che lo predica, da Cristo, alla vita del quale voi potete essere uniti? avete espresso nel cuore e nell’azione la vostra adesione al duplice invito di Cristo, essere con Lui figli di Dio, cioè uomini illuminati sul senso della vita e de1 mondo, e così divinamente salvati; ed essere poi con Lui figli dell’uomo, cioè fratelli di quanti condividono la sorte di questa nostra esistenza ed hanno bisogno d’essere amati, serviti, curati?

Avete compreso la verità, la bellezza, Ia forza della fede, che il Cristo offre alla vostra singola personalità e alla famiglia umana, alla società intera a cui appartenete? Siete davvero agitatori dell’ulivo della pace e della giustizia? Sì? Allora noi vi diremo: Cristo è vostro! Non temete più! Neanche la croce, la sua croce, che Egli pure vi destinerà. Il trionfo regale di Gesù Cristo conduce anche alla Croce . . . Ma non temete, vi ripetiamo: la vita, la vera vita vi è così domani assicurata!

Chers Fils et Filles de langue française,

Nous vous exhortons vivement, vous aussi, à vous unir à tette acclamation de Jésus, entrant à Jérusalem au milieu d’une foule immense et remplie de joie, et reconnu comme le Messie, le Christ, Ie Sauveur, le nouveau roi d’Israel, le fils de David. C’est l’événement qui inaugure le «Règne de Dieu», les nouvelles relations religieuses entre l’humanité croyante et la Divinité, relations qui continuent encore aujourd’hui, mais qui ont coûté à Jésus-Christ le sacrifice rédempteur de la Croix, suivi de sa Résurrection. Oui, reconnaissons tous en Jésus, le Messie, le Christ, notre Roi, notre Sauveur!

Dear pilgrims from English-speaking countries, we call on you also to welcome Jesus as he Comes amid the rejoicing throug and is recognized as the Son of David, the King of Israel, the Messiah. He Comes to bring us the peace he gained by his Cross and resurrection. Let us join in the acclamations and accept him as our King and our Saviour.

Liebe Gläubige aus den Länd ern deutscher Sprache!

Auch sie laden Wir herzlich dazu ein, zusammen mit allen an- A wesenden heute Jesus zu huldigen, der inmitten einer grossen Volksmenge seinen festlichen Einzug hält. Jesus wird auf diese Weise als der Messias, als Christus, der Erlöser, der neue König von Israel und der Sohn Davids von den Menschen anerkannt. Dieses Ereignis bezeichnet den Beginn des »Reiches Gottes«. Es begründet den neuen messianischen Bund zwischen der gläubigen Menschheit und Gott, der auch noch heute besteht. Jesus Christus selbst hat ihn uns durch sein Erlosungsopfer am Kreuz erworben und durch seine Auferstehung endgültig besiegelt. Lasst uns alle in Jesus den Messias, Christus, unseren König und unseren Erlöser anerkennen und ihn dankbaren Herzens preisen und verherrlichen!

También a vosotros, queridos fieles de lengua española, os invitamos a que os unais y aclameis a Jesús, que entra en medio de una muchedumbre festiva y es reconocido como Mesias, como Cristo, como Salvador, como nuevo Rey de Israel. Se trata de un acontecimiento que inaugura el «Reino de Dios», la nueva relación religiosa entre la humanidad creyente y Ia Divinidad, relación todavia actual, pero que le costó a Jesucristo el sacrificio redentor de la Cruz, seguido de su Resurrección. Reconozcamos todos en Jesús al Mesias, a Cristo, a nuestro Rey, a nuestro Salvador.

E voi, Ragazzi, avete compreso?

Abbiamo detto che Gesù, prima della sua Passione e Morte e della sua Risurrezione, è stato, umilmente ma anche solennemente, riconosciuto come Re, successore del Re David, come Messia, cioè come Cristo, tanto che ora sempre lo chiamiamo Gesù Cristo,cioè come mandato da Dio per salvare il mondo, per salvare ciascuno di noi, per salvare proprio voi, ognuno di voi.

Sentite: voi davvero riconoscete che Gesù è il nostro Salvatore? Sì? gli promettete di essergli sempre fedeli? Sì?

Allora adesso agitate in suo onore le Palme, e i rami d’olivo che tenete in mano, e gridate con noi: Evviva Gesù! evviva il Signore!

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