Mons. Depalma: Non allontanatevi da Gerusalemme
Nella Cattedrale di Amalfi S. E. Mons. Beniamino Depalma, Arcivescovo – Vescovo di Nola ha presieduto il Pontificale dell’8 maggio 2016 nella solennità dell’Ascensione e nell’808° anniversario della traslazione delle reliquie dell’Apostolo Sant’Andrea da Costantinopoli ad Amalfi.
Questo il testo dell’Omelia.
“Non allontanatevi da Gerusalemme, restate in città”… e in città tornarono i discepoli con molta gioia: abbiamo ascoltato il Vangelo di Luca. Gerusalemme non fa più paura. Da Gerusalemme non si fugge. Non si fugge per dimenticare i fallimenti e le delusioni, come i due di Emmaus. Da Gerusalemme non si fugge come fosse fuggito Tommaso. A Gerusalemme non ci si trincera dentro le case con le porte chiuse, per paura dei Giudei. A Gerusalemme si vive, si può vivere, si deve vivere. Perché Gerusalemme, fratelli e sorelle, non è soltanto il luogo della croce, non è soltanto il luogo dell’apparente fallimento. Gerusalemme è anche luogo di un sepolcro che si è aperto, ed è la più grande scommessa della più grande sfida che Dio ha lanciato all’umanità e sull’umanità.
A Gerusalemme, con il sepolcro aperto, Dio ha gridato il suo “Sì” all’uomo, “Sì” alla vita, “Sì” all’amore, “Sì” alla speranza, “Sì” alla bontà, “Sì” al servizio, “Sì” alla gratuità, “Sì” al dono. Miei cari queste parole non fanno parte solamente del vocabolario umano, sono il vocabolario di Dio, perché Dio è vita, Dio è amore, Dio è speranza, Dio è servizio, Dio è dono e gratuità. A Gerusalemme si può e si deve vivere. Miei cari, ma non pensate, non pensiamo alla Gerusalemme d’Israele, la Città santa. Gesù manda i suoi a vivere e a non fuggire dalla storia.
I suoi discepoli devono vivere nella storia, abitare la storia, attraversare la storia con tutte le sue contraddizioni, con tutti i suoi problemi, con tutti i suoi fallimenti. Attraversare la storia, ma non fidando sulle nostre capacità, sui nostri progetti pastorali, sulle nostre intuizioni. Dobbiamo attraversare le contraddizioni della storia appoggiati unicamente ad una promessa: “Vi mando lo Spirito”, sarà sempre in mezzo a voi! Appoggiati a quel gesto che il Signore ha compiuto, ha benedetto la Chiesa nel momento della sua dipartita. La sua benedizione e il dono dello Spirito accompagnano sempre la vita dei credenti, sostengono la vita dei credenti. La Chiesa poggia, su con nel suo cammino di evangelizzazione, su quella promessa e su quel gesto.
Miei cari, ma perché Gesù ci manda ad abitare il mondo? Come noi cristiani dobbiamo abitare il mondo? Non facendo crociate, non per fare proselitismo, non per fare degli adepti, non per aumentare il nostro numero: dobbiamo andare in mezzo alla gente e vivere la storia da testimoni. Due volte l’ha detto Gesù: negli Atti degli Apostoli ce l’ha ricordato San Luca, e nel Vangelo: “Sarete miei testimoni”.
Gesù non ci ha detto: “Vi lascio una dottrina … fate i maestri”.
Gesù non ci ha detto: “Vi lascio una religione … vi lascio un’etica”.
Gesù non ci ha detto: “Vi lascio dei riti, delle cerimonie”.
Miei cari, Gesù ci ha detto: “Fate vedere Me”. Questo è il testimone: “Fate vedere me”, “Fate vedere la mia Persona”, “Fate vedere la mia missione”, “Fate vedere il mio stile”… “Siate voi la mia presenza”.
Miei cari, che grande responsabilità. Quale grande fiducia ha il Signore nei nostri riguardi: “Fate vedere Me, siate voi la presenza”.
Miei cari, ma oggi, in questo momento della storia che ci tocca abitare, senza mai fuggire, senza chiedere i privilegi, senza chiedere esenzioni, senza chiedere delle carreggiate particolari, con quale linguaggio vivere la nostra testimonianza?
Come essere testimoni?
Miei cari, dobbiamo imparare un linguaggio nuovo… forse non siamo abituati! Si è testimoni nel mondo di oggi non con un discorso e un linguaggio religioso, ma con un linguaggio umano e con il linguaggio della vita.
Gesù ci ha parlato di Dio non con le categorie religiose, teologiche e dogmatiche. Ci ha parlato di Dio facendo vedere l’umano, leggendo la vita. Miei cari, oggi si è testimoni attraverso la bellezza della nostra umanità. E’ l’umanità dei credenti che sarà capace di far innamorare la gente di Gesù di Nazareth. E’ l’umanità dei credenti che renderà credibile il Vangelo, la bella proposta per la vita. E’ l’umanità dei credenti che renderà credibile la Chiesa… l’umanità, ma l’umanità di Gesù Cristo! Miei cari c’è stato un Uomo, un Uomo soltanto nella storia che ha vissuto la sua umanità in maniera stupenda: Gesù di Nazareth. Tutti lo volevano vedere, tutti lo volevano toccare, perché Lui faceva venire la voglia di vivere.
Questa è l’umanità: far venire la voglia di vivere! Gesù rialzava tutti i caduti, dava speranza a tutti gli emarginati. Questa è l’umanità: rialzare tutti i caduti e lo scarto del mondo. Gesù sapeva leggere nel cuore. Questa è l’umanità: saper leggere nel cuore degli altri per ascoltare i gemiti, i lamenti, le invocazioni. Gesù sapeva farsi carico degli altri: il dolore della gente lo trafiggeva. Questo significa umanità: lasciarsi trafiggere dal dolore, dalla sofferenza degli altri. Gesù si prendeva cura, nessuno si allontana come si era avvicinato. Gesù cambiava la vita, cambiava le situazioni. Questa è l’umanità: prendersi cura gli uni degli altri. Gesù, poi, non tratteneva attorno a sé, mandava coloro che aveva incontrato nel mondo, dava responsabilità, dava fiducia: “Torna nella tua casa”, “Torna nella tua città” e “Dici a tutti quello che Dio ha operato per te”.
Miei cari fratelli e sorelle, la Chiesa di oggi o impara il linguaggio dell’umano ed è capace di risvegliare il linguaggio dell’umano. Altri linguaggi la gente non riuscirà mai a capirli, mai a comprenderli. Il linguaggio dell’umano è il linguaggio più chiaro, più penetrante. Noi stiamo vivendo una grande crisi. Ma non ci deve spaventare, fratelli e sorelle, la crisi economica, perché la crisi economica è semplicemente la conseguenza di un’altra crisi: la crisi dell’umanità.
Ci hanno rubato, abbiamo permesso che ci rubino quello che abbiamo di più grande: l’umanità. Ecco perché tante sofferenze, ecco perché tanto disagio, ecco perché stiamo tutti male. Ci hanno rubato l’umanità, ci siamo lasciati rubare l’umanità.
Qual è il segno che siamo umani?
Lo ha capito Papa Francesco: il segno più evidente che siamo umani è avere un cuore compassionevole. Miei cari, chi ci rende umani, quello che ci rende umani è la compassione. La compassione significa “Mi faccio carico di te”, “Ti prendo sulle mie spalle, perché non è giusto, non posso permettere che tu resti ai margini della vita o della società”.
Un cuore compassionevole: questo ci rende umani. Ma per avere il cuore compassionevole noi dobbiamo liberarci da quella terribile malattia che ci sta crocifiggendo: ed è l’individualismo.
Miei cari, l’individualismo è più serio del tumore, più serio della leucemia, perché l’individualismo ci toglie l’umano, il dono più grande che Dio ha potuto consegnarci.
Papa Francesco è stato un profeta: Come si cura l’umanità oggi? Attraverso la misericordia!
Come si diventa uomini? Attraverso la misericordia! Come si cambia il mondo? Attraverso la misericordia!
Lo diceva già Paolo VI, prima delle strutture, prima dei progetti economici, prima dei grandi editti dobbiamo cominciare a cambiare, a rifare il cuore dell’uomo, perché il cuore dell’uomo è diventato duro, è diventato insensibile, non ascolta più nessuno, se non sé stesso. La Chiesa, ha detto il Concilio Vaticano II, deve essere esperta di umanità.
Miei cari fratelli e sorelle, se la Chiesa non diventa esperta di umanità è una Chiesa fallita, perché oggi la gente ha bisogno di vedere un Gesù Cristo che si china, si inginocchia, dà la mano, rimette in piedi, si mette sulle strade. Essere testimoni non ripetendo un discorso religioso che oggi più nessuno conosce, nessuno più ascolta. Dobbiamo cominciare a parlare un linguaggio umano, il linguaggio della vita: questo ci rende credibili, questo ci rende veri!
Miei cari, ci affidiamo all’intercessione di Sant’Andrea, quel giovane di Betsaida che restò scioccato vedendo l’umanità di Gesù Cristo, restò impressionato vedendo l’umanità di Gesù Cristo: è stato convertito dall’umanità di Gesù Cristo.
L’umanità di Gesù Cristo sono io, siamo noi e ciascuno di voi: noi siamo l’umanità di Gesù Cristo!
Gesù ci ha tolto la sua visibilità, ho detto, ma ci ha lasciato la sua presenza. Una bella espressione di una mistica, Simone Weil (1909-1943), una bella espressione che vi consegno come conclusione:“Gesù è assente, ma è restato presente nel cuore di coloro nei quali ha posto il suo amore.”
Noi siamo coloro nei quali Gesù ha posto il suo amore, noi siamo la fotografia, la presenza del Signore che ancora oggi cammina nelle nostre strade, annunziando che il Regno di Dio è realmente venuto!
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