Navigazione: regole e buonsenso, il mare non è la terra di nessuno
Diario di viaggio di un navigante amalfitano
di Salvatore Barra
Msc Kalina 19 Settembre 2015 in Porto a Pusan – ( Corea del Sud)
Pusan, oltre ad essere uno dei porti più grandi del mondo, è uno dei centri più importanti e sviluppati nella cantieristica navale. La maggior parte delle navi di media-grande dimensioni, che attualmente solcano mari ed oceani, sono state costruite qui. Infatti, si dice che in Sud Corea mediamente vengono varate tre navi al giorno e l’attività cantieristica coinvolge l’intera industria nazionale, non solo questa singola area.
Le navi costruite per sezioni, complete di tubature, cavi elettrici, doppi fondi ed altro, sono trainate grazie a rimorchiatori che li raggruppano in un grande bacino di carenaggio per essere successivamente unite e saldate alla perfezione: lavori di estrema responsabilità e precisione.
Una volta assemblato lo scafo, sono aggiunti il motore, l’elica ed il timone, per un lavoro che dalla “impostazione della chiglia” (taglio della prima lamiera) al varo, richiedono mediamente sette mesi.
La chiglia della Msc Kalina, la nave a bordo della quale navigo, fu realizzata il 24 dicembre del 2008 nei cantieri Samsung Heavy Industries di Geoje , località non molto distante da Pusan.
Dopo le prove in mare, accertata la navigabilità, la funzionalità degli organi di governo, di propulsione e sistemi di navigazione, la nave venne, come di prassi, consegnata alla Compagnia Armatrice con la cerimonia del “delivery” nel corso della quale la madrina della nave lascia andare la bottiglia di champagne contro la murata e se dopo l’urto contro la murata la bottiglia non s’infrange è segno di sfortuna per la nave ed il suo equipaggio.
La madrina per regola offre la “Campana di Bronzo” che seguirà le sorti della nave, tanto che se l’imbarcazione venisse ceduta o cambiasse nome o demolita, la campana andrebbe restituita alla madrina, che se fosse scelta per “battezzare” un’altra nave con il medesimo nome, userebbe la stessa campana, dismessa dalla nave precedente.
Nel mio diario di viaggio ho appuntato quest’aspetto poco conosciuto mentre, certamente, starete dormendo, in quanto, qui, sono sette ore avanti rispetto all’ora italiana. E’ una sensazione strana, svegliarsi al mattino e pensare che in quello stesso momento, in qualche parte remota del mondo, altre persone si apprestano ad andare a letto.
In sei mesi di navigazione ho cambiato 27 ore, spostando le lancette dell’orologio basandosi sulla rotta e sui fusi orari che si attraversano.
Navigando verso Est le ore si spostano in avanti; verso ovest indietro.
Quando si attraversa l’antimeridiano di Greenwich (linea fissa della mezzanotte o di cambio data ), navigando verso Est, si spostano le ore in avanti e si sposta esattamente un giorno indietro. Ad esempio, dalle ore 19.00 del 19/09/2015 si passerebbe alle ore 19.00 del 18/09/2015 – viceversa, navigando verso Ovest, attraversando l’antimeridiano si sposta la data di un giorno in avanti.
Tutto sommato è un’operazione semplice a farsi, ma in passato, l’aver ignorato (per non conoscenza) il cambio data al passaggio all’antimeridiano ha causato diversi errori storici.
Per lo stesso motivo, il signor Fogg e l’amico Passepartout – protagonisti del “Giro del Mondo in 80 giorni” famoso romanzo di Julies Verne, vinsero la scommessa (quando credevano di averla persa). Effettuando il giro del mondo viaggiando verso Est, giunsero a destinazione con un giorno di anticipo sulla data prefissata dalla scommessa.
Per uomini di mare, il cambiamento di fuso orario è causa di un disagio, cui non ci si abitua mai, influendo negativamente, sul riposo, le abitudini alimentari e fisiologiche ed il rendimento lavorativo.
Questo è il terzo “giro” che effettuiamo in questa parte del mondo, scaliamo quasi sempre gli stessi porti, seguiamo le medesime rotte… sembrerebbe un lavoro sistematico e scontato, ma le evenienze e condizioni di navigazione non sono mai le stesse. Cambiano i colori della natura, le condizioni meteo, e con esse il tipo di impegno lavorativo per governare la nave. La riprova sono gli episodi che vi racconto.
Circa tre mesi fa, c’imbattemmo nel cattivo tempo causato dal super tifone “Chan Hom”, stavolta ringraziando il buon Dio, almeno fino a questo momento, abbiamo condizioni meteo favorevoli.
Tuttavia, il bel tempo, invoglia i pescatori a battute di pesca ed in queste zone di pescherecci ce ne sono a migliaia, tante, da costituire un continuo pericolo per la sicurezza della navigazione.
In proposito ci sono regole di buona condotta per evitare collisioni; i pescherecci mostrano particolari segnali di notte e di giorno, chiara indicazione del tipo di pesca che stanno effettuando, a “strascico” o da “posta” ed hanno sempre la precedenza sulle navi a propulsione meccanica, precedenza di navigazione che queste imbarcazioni pretenderebbero anche quando non pescano.
In realtà tra uomini di mare, non vi è sempre la necessaria solidarietà e collaborazione, molti fanno i furbi, al limite della prepotenza.
Per l’equipaggio di navi delle dimensioni della Msc Kalina, navigare in mezzo a migliaia di pescherecci (non regolamentati) è sinonimo di stress e di sofferenza. D’altronde, essendo l’alto mare di nessuno, molti ragionano come se il mare fosse di loro proprietà, a dispetto delle regole. Così può accadere che le stesse navi, passando sulle reti da posta o sui palancari, talvolta distruggono un’attività peschereccia in pochissimi secondi. Per questo motivo, raccomando sempre ai miei Ufficiali di porre massima attenzione ai pescherecci ed ai segnali da pesca.
Il pericolo maggiore si concretizza quando la nave ignora i segnali da pesca posti sulla rotta e spesso accade che il peschereccio, per salvare le reti, a tutta velocità si fionda sotto la prua della nave, nel tentativo di farla deviare. Molte volte l’estremo tentativo riesce e la nave devia la sua rotta ed il peschereccio salva le reti, ma talora è addirittura scambiata per un improbabile attacco di pirati, e la manovra si risolve in una collisione con l’inevitabile affondamento dell’imbarcazione più piccola.
Due giorni fa siamo ritornati nel porto cinese di Tianjin che il mese scorso fu scossa da una tremenda esplosione, seguita da un furioso incendio. La tragedia causò oltre 150 morti e centinaia tra feriti e dispersi. Ad esplodere un grande deposito di containers di merci pericolose destinati alle navi e provenienti dalle navi.
Da quel che si racconta, sembra che il disastro sia stato causato da un’errata operazione di spegnimento di un principio di incendio, usando inopportunamente l’acqua.
A Tianjin abbiamo trovato l’ambiente portuale ancora scosso dalla tragedia e le autorità portuali hanno pensato di individuare nelle navi che trasportano questo particolare tipo di carico l’origine del disastro con la conseguenza che subito dopo l’ormeggio siamo stati soggetti a controlli ed ispezioni approfondite. Nell’attesa che si concludessero i controlli mi veniva di pensare all’episodio di cui spesso si narra in casi del genere, secondo cui la chiesa di Santa Chiara solo in seguito al furto sacrilego subito… decise di installare all’ingresso, delle possenti porte di ferro.
Domani ripartiremo per il porto Cinese di Ningbo.
La navigazione continua…
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