Pasqua: ‘a menesta ammaritata
Sulla tavola del giorno di Pasqua è immancabile nella costiera amalfitana una tipica pietanza che rappresenta un connubio tra verdure e pezzi di maiale:la “menesta ammaritata”. Questa pietanza ha però antiche origini.
La cultura che nasce dalla progressiva fusione tra la la civiltà romanica e quella germanica produce anche l’incontro di tradizioni alimentari diverse. Da una parte il mondo romano organizzato intorno alla pratica agricola, dall’altra il mondo germanico che concentra la propria tradizione gastronomica sul maiale da cui nascono non solo consuetudini alimentari ma anche veri e propri riti.
Secondo un’antica usanza introdotta dai Longobardi i maiali sono condotti nei boschi dove si cibano di bacche. Gli abitacoli dei maiali detti “mandrolle fabrite” vengono posti nelle vicinanze dei “pastini” e degli orti.
Nei loro pressi e’ a allestita la “festa” per l’uccisione del “porco” che si conclude con una grande abbuffata mentre in un’area attrezzata nelle vicinanze la restante carne dell’animale viene trasformata in “carnes salite de porco”.
Le parti più pregiate, che diventano carni salate, sono “presutti e soppressate” ma non mancano salsicce, spalle, lumbule (una sorta di ventresca), noglie e pezzenti.
Queste ultime, nobili antenate dei cotechini, sono insaccati che utilizzano le carni sanguinolente e le parti cartilaginee del maiale conservate con sale, pepe e semi di finocchio selvatico.
La salagione e conservazione avviene durante il freddo periodo di astinenza quaresimale che agevola la stagionatura della carne.
In questo tempo si confezionano delle vecchine di pezza al cui interno è posta una “zucchetta” su cui vengono appuntate sette penne ( quante le settimane della Quaresima).
E’ il più goloso della famiglia che, forse con un pizzico di “rabbia famelica”, strapperà l’ultima penna e farà scoppiare la vecchina dando libero sfogo alla gola dopo aver per settimane subito il “supplizio” dell’odore (soltanto sigh!’) degli insaccati. ‘E il momento in cui le tavole si arricchiscono con le “fellate” (affettati di salumi e formaggi). Compare per la prima volta nell’anno, per ritornare solo in qualche tavola di ricorrenza di festività patronale, quello stupendo piatto unico che è realizzato dal felice connubio tra le delicate verdure romaniche con le noglie e le pezzenti germaniche, combinate certamente dalla creatività di un monaco cuciniere per soddisfare gli esigenti palati di molti campani.
MENEST ‘AMMARITATA
Ingredienti: scarole, cicoria, cardoni e cardoncielli, torzelle (e/o altre verdure), noglie, pezzente, cipolle, sedano, carote, sale se necessario.
Procedimento: cuocere le noglie e la pezzente nel brodo di ebollizione. ( Cambiare l’acqua dopo il primo bollore per evitare che il brodo risulti troppo grasso). Lessare a parte le cipolle, il sedano e le verdure.
Scolare al dente le verdure e continuare la cottura nel brodo delle noglie e della pezzente. Servire la pietanza ben calda e, se è gradito, aggiungere formaggio grattugiato.
Estratto da uno scritto di mio marito Ezio Falcone – tutti i diritti riservati –
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