Su questi ponti edificherò la mia Chiesa
Gli eroi non fanno più notizia. Si è così profondamente assuefatti da un clima di profonda sfiducia, cui non di rado fanno da cornice inevitabili risvolti tragici, che spesso ci si rifiuta di credere che esista in noi e negli altri un barlume di bene.
Si dimentica di essere figli di un Padre che ci ha omaggiati di un dono prezioso: il discernimento. Discernere significa letteralmente “essere capaci di distinguere”.
La più alta forma di discernimento si realizza nella libertà che l’Eterno Padre ci ha offerto di scegliere tra il bene ed il male e decidere liberamente da che parte stare.
C’è, tuttavia, una figura in particolare in cui tale carisma è innato: l’eroe. Don Aniello Manganiello è uno di questi. È uno di quelli che, forse troppo sbrigativamente, vengono etichettati come “preti di strada”.
Don Aniello è la voce di coloro che vivono di paura ma con dignità. Che sopravvivono, insomma. È colui che, mettendo da parte gli umani pregiudizi e l’ancor più umana paura, ha saputo discernere per grazia di Dio il bene dal male schierandosi, come fece Cristo, con l’esercito dei più deboli.
Don Aniello Manganiello per ben sedici anni è stato il Parroco di Scampia, quartiere di Napoli balzato alle cronache nazionali per le tristi storie legate alla malavita organizzata campana dal nome che incute paura: Camorra.
Amalfi e la sua Cattedrale sono stati investiti, il 23 Marzo 2014, da una grazia particolare: la presenza di Don Aniello. Una funzione sobria è stata l’occasione propizia per far conoscere a coloro che erano presenti alla Celebrazione Eucaristica la storia di Don Aniello.
“Dimmi con quale coraggio, tu che vendi morte, mi chiedi di sposarti nella casa di Colui che dona la vita!” Don Aniello ha dimostrato anche di avere il dono dell’umiltà che appartiene ai grandi uomini: dall’alto del pulpito, infatti, mai una volta si è detto coraggioso quanto, piuttosto, incosciente, mai si è detto preparato all’impegno affidatogli, ma ha ammesso, pur avendo infine accettato per obbedienza l’incarico, di aver avuto pregiudizi e perplessità.I fedeli hanno avuto la possibilità concreta di toccare con mano lo spessore morale, etico e religioso di questo Sacerdote allorquando questi, durante una piacevole omelia, ha raccontato un aneddoto densamente pregno di cristianità e coraggio, ovvero l’aver risposto a muso duro ad una persona dedita allo spaccio di droga che gli chiedeva, con fare quasi intimidatorio, di sposarlo in Chiesa:
Ha sempre lavorato, tuttavia, in nome e per conto del popolo affidatogli dal Signore con la corazza che la preghiera ed una Fede incrollabile hanno saputo forgiargli.
Don Aniello ha salutato Amalfi alla fine della Santa Messa stringendo mani e dispensato sorrisi a tutti indistintamente. Ha lasciato alla comunità amalfitana un grande insegnamento a testamento della sua gradita visita: “Noi tutti dobbiamo sforzarci di essere costruttori di ponti e non di muri: bisogna avere il coraggio di andare controcorrente ed imparare a vivere il Vangelo nel quotidiano, costi quel che costi!”
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