Il Cristo morto di Mantegna mistero e valore redentivo del Sabato Santo
“Attraverso le immagini…“, percorso di Storia dell’Arte nella simbologia di capolavori, testimonianza di Fede.
Il “Cristo morto” (noto anche come “Lamento sul Cristo morto” o “Cristo morto e tre dolenti”) è uno dei più celebri dipinti di Andrea Mantegna. Si tratta di una tempera su tela (68×81 cm), databile con incertezza tra il 1475-1478 circa, conservato a Milano nella Pinacoteca di Brera.
Mantegna strutturò la composizione per produrre un inedito impatto emotivo, con i piedi di Cristo proiettati verso lo spettatore e la fuga di linee convergenti che trascina l’occhio di chi guarda al centro del dramma. L’opera è celeberrima per la sua forza espressiva ed al tempo stesso per la compostezza severa che ne fanno uno dei simboli più noti del Rinascimento italiano.
Secondo molti critici d’arte, la prospettiva che suscita la sensazione del collo e della testa staccati dal resto del corpo, simboleggerebbe il valore redentivo che la fede cristiana attribuisce al Sabato Santo, al Santo sepolcro e alle Quarantore: nell’arco di questo periodo temporale, Gesù Cristo sarebbe contemporaneamente morto come uomo e vivo in quanto Dio.
Andrea Mantegna, d’umilissima stirpe nasce nel 1431 in un borgo nei pressi di Padova dove si formò nella bottega dello Squarcione, a contatto con pittori quali Filippo Lippi, Paolo Uccello, Andrea del Castagno e, soprattutto, Donatello, In particolare da quest’ultimo imparò una precisa applicazione della prospettiva suo carattere distintivo pittorico: gusto per il disegno nettamente delineato e per la forma monumentale delle figure.
Il successivo “contatto” con le opere di Piero della Francesca, ebbero maggior influenza sullo studio prospettico tanto da raggiungere livelli “illusionistici“. Costante in tutta la sua produzione la statuaria, coeva e classica.
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